mercoledì 1 dicembre 2010

Sì o No?

"Non ne vuoi più?"
"Sì, grazie!"
La nonna si alza, va in cucina e Le porta un'altra abbondante porzione di lasagne.
Lei mi guarda con occhi sbarrati, cerca il mio ausilio,
"Dove ho sbagliato?" sembra implorare.
"Ma quanto mangi? Non starai male dopo?" cerco di soccorrerLa.

"Sì sì, non c'è problema..."

La cosa si fa sempre più ingarbugliata:
ora certamente non può rifiutare il bis, ma ammettere platealmente che poi starà male?!?

La nonna interviene:
"Se pensi di stare male, non devi mangiare per forza, solo che avevi detto di volerne ancora..."

"Ma.... la verità, io avevo detto che sì, NON ne volevo più e che sì, comunque NON sarei stata male....ma forse ho sbagliato, non dovevo dire così?"

"Sì, cioè, No, anzi, ehm....
Non è che ci faresti un caffè?"

"Ma devo o NON devo farlo?"

Confusione totale!

Giustamente, come peraltro sarebbe previsto dalla lingua italiana, una doppia negazione diventa affermazione.
I giapponesi si "esprimono" così.
Noi, purtroppo, ci siamo abituati diversamente:
rispondendo "No" ad una domanda negativa, vogliamo sottolineare la negazione della stessa (o almeno così ci pare).
Grammaticamente sbagliato, largamente diffuso, altamente "destabilizzante".
Soprattutto per una giapponese che, volendo appropriarsi della "lingua di Dante", ne studia le regole accuratamente, per trovarsele poi completamente stravolte nel parlato quotidiano.

"Ma è un Sì giapponese o un Sì italiano?"
"Boh????"
"Ma più che altro, perché fai sempre domande al negativo?"
"E' per la forma, per essere più gentile, non vorrei sembrare shitsurei (scortese)...non ti sembra meglio?"
"Ecco, lo hai fatto di nuovo, hai usato la forma negativa."
"Come dovrei rispondere ora, Sì o No?"
"Machennesooooo....."

Mi sembra di essere dal salumiere:
le massaie alla richiesta del commesso se desiderano altro,
rispondono sempre: "Altro!"
Io non ho mai capito perché:
"Ma allora vuoi dell'altro?" mi viene sempre da pensare.
Io rispondo sempre, a scanso di equivoci: "Basta così, grazie!"

E allora, perché non adottiamo anche a casa la "Tecnica Salumiere"!!!
"Sìììì, cioè Noooo, ehm...Uff!!!"

"BASTA COSÌ, grazie!"





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martedì 9 novembre 2010

Venti di Guerra

"Il peto agli irti colli,
Tutti asfissiando sale,
Ed urla il commensale,
Costretto ad odorar"

Non è un argomento piacevole,
ma, parliamoci seriamente, tutti, chi più chi meno, ci lasciamo andare, diamo "fiato alle trombe" come si suol dire, e, sotto sotto, ci piace anche parlarne (per lo meno a noi uomini, per lo meno a me!)

Anche i giapponesi scoreggiano.

E non ci sono musiche di sottofondo nei bagni maschili: un assolo mozzafiato (nel vero senso della parola).

Ma la cosa sconvolgente è l'acredine del peto: sa di "kimochi",una specie di sottaceto di cui i giapponesi vanno matti e che fa una tremenda puzza di....peto, appunto.
Ora non so se sia il peto che puzza di "kimochi" o se il "kimochi" puzzi di peto (un po' come l'uovo e la gallina), però in questo palindromo olfattivo, da qualsiasi parte la si voglia guardare, il risultato non cambia.
Inoltre, pare che tutti i giapponesi si "esprimano" più o meno in maniera simile.
Voglio dire che quando siamo in terra nipponica,
nei luoghi affollati spesso succede di intuire "qualcosa di strano".
Nei mercati o nei "depachika", possiamo incolpare i banchetti di "sottaceti",
ma sul treno? Possibile che sempre ci sia qualche massaia che ha fatto scorta di "kimochi"?

A dire il vero, (dicendolo sottovoce ed in segreto) anche la mia dolce metà, a volte, nel sonno, ad addominali rilassati, libera un sibilo, che, per quanto discreto, non passa inosservato alle mie fini narici, omaggiandomi di un nostalgico aroma di "kimochi".

Molto spesso, durante il volo tra Italia e Giappone, mi capita di avvertire la stessa fragranza.
Se siamo insieme, il mio pensiero cattivo nasce spontaneo, individuandoLa come autrice del misfatto.
Ma quando viaggio da solo?
E' frutto della mia mente?
Un moto di nostalgia mi inumidisce le cornee
(o è il gas a farmi gocciolare gli occhi...)

Comunque è pazzesco:
hanno standardizzato anche il peto!
Voglio dire, producendo tutti più o meno lo stesso aroma, ci si può sentire tutti più o meno in colpa dentro un ascensore, riconoscendolo come possibilmente nostro, una svista.
E di più, siccome il proprio "elemento gassoso" non scandalizza più di tanto chi lo produce, in questo modo tutti sopportano senza troppe lamentele la "pesantezza ambientale".

Ma in ambiente familiare, quando gioco in casa, il "sovrano" indiscusso sono io.
Mi dispiace ammetterlo, ma a volte, soprattutto dopo aver mangiato le caldarroste, i miei "effluvi" infastidiscono persino me.
Sarà una forma di intolleranza alimentare, sarà un principio di putrefazione, sarà quel che sarà, ma nelle notti autunnali, la camera da letto si trasforma lentamente in una camera a gas.
Soprattutto quando precedo la mia dolce nel coricarmi.
Con la scusa della Sua assenza, mi libero senza ritegno alcuno, "nascondendo" il vergognoso aroma sotto le coltri, nella speranza che l'effetto svanisca prima del Suo arrivo.
Ma ahimè, la consistenza è tale da sopravvivere il trascorrere dei minuti, si annida infingardo tra le pieghe delle lenzuola, per sprigionarsi, maledetto, non appena Lei le discosta per accoccolarsi al mio fianco, facendoLe passare (anzi uccidendo definitivamente) ogni Sua velleità amorosa!
E siccome sono solito dormire con il viso rivolto verso l'esterno del talamo nuziale, è facile intuire la direzione dei miei "bombardamenti" notturni.
Infatti al Suo risveglio mi appare sempre un po' più "giallina" del solito....

Che sia mia la causa del Suo "Sonno profondo"???


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lunedì 8 novembre 2010

Sonno profondo


Per quanto possa fare tardi la notte, io comunque non riesco a rimanere a letto oltre le 8-8.30.
Un profondo dolore alla schiena si impossessa di me, mi giro e mi rigiro, in cerca di sollievo.
Nulla da fare, devo assolutamente alzarmi!

Lei invece ci riesce, eccome!

La invidio profondamente per questa sua "abilità" di addormentarsi profondamente dovunque e comunque.
A parte i beati sonni in macchina, treno e/o in aereo, a volte si addormenta sul divano in posizioni assurde (che mantiene fino al risveglio).
Addirittura riesce a dormire da seduta, su una sedia, senza appoggiare la testa!
Incredibile!!!

Probabilmente la carenza di sonno (cronica per la società giapponese) patita durante gli anni trascorsi un patria, si sta ripercuotendo sul ciclo "sonno/veglia" ora che gli impegni si fanno meno pressanti.
Infatti, quando il lavoro Le richiede una presenza e concentrazione continua, la Sua dedizione è pressoché totale.
Può rimanere sveglia anche per 48 ore filate, sempre attiva.
Poi, ad "evento" concluso, la tensione si allenta e Morfeo La accoglie per una abbraccio da "record".
Riesce infatti a dormire per giorni (fino a tre), senza svegliarsi mai, senza mangiare o bere, neppure per andare in bagno...pazzesco!
Non c'è modo di svegliarLa, ho provato a scuoterLa, chiamarLa, persino passarLe l'aspirapolvere sui piedi (è vero, l'ho fatto...).

La prima volta cui ho assistito a questa "apnea" mi sono quasi spaventato, al limite di fare la "prova dello specchietto" per verificare che stesse ancora respirando.

Ora mi sto "abituando" a questi
Suoi ritmi, anzi quasi mi sorprendo, per assurdo, quando la vedo in piedi di primo mattino, temendo nevicate estive...


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mercoledì 13 ottobre 2010

Hōrensō

Hōkoku: resoconto
Renraku: informazione, avviso
Sōdan: consultazione, consiglio

La vita sociale e, soprattutto, lavorativa giapponese si basa su questo principio fondamentale.

Prima di prendere qualsiasi iniziativa, prima di cominciare qualsiasi genere di attività, comunque avvisa.
Durante lo svolgimento di un lavoro, avvisa, relaziona sull'andamento, chiedi consiglio.
Anche se il progetto langue, se non ci sono novità, comunque avvisa, rapporta il fatto, fai sapere che non ti sei dimenticato, che ci stai lavorando.

Stai fissando un appuntamento?
Consultati, relazionati, avvisa!
Sei in ritardo? Avvisa!
Hai ricevuto un messaggio? Per quanto insignificante, rispondi, conferma che lo hai ricevuto (e letto!).

In linea di massima si tratta di semplici norme di buona educazione, applicate, di solito, anche nel "Vecchio Continente", seppure non con la medesima "ferrea rigidità".
Per questo, quando, da noi, le suddette "regole" vengono in qualche modo disattese, non ci si scandalizza più di tanto.
Purtroppo le "buone maniere" ci stanno piano piano abbandonando e la nostra società si adegua, gioco forza, a questo "nuovo schema relazionale".


Può succedere di aspettare per più di mezz'ora un'amica (che non ha avvisato del proprio ritardo) e che quando finalmente arriva, questa non si scusi neanche...

Può capitare di rimanere in attesa per giorni, settimane, che il Presidente della "Federazione X", ti contatti per stabilire i dettagli di quel lavoro.

Può succedere che la mail che hai mandato alla tua amica (italiana) non abbia un seguito immediato...("scusa, ultimamente non uso tanto il Pc..." "infatti, aggiorni continuamente il tuo stato su Facebook con cagate assurde..." - questo è un mio personalissimo commento-).


Può capitare di "dimenticarsi" di avvisare che oggi c'è sciopero e quindi pranzi a casa.

La "sfera" strettamente familiare, però, esula da questa prassi.

Così, quando dopo mesi di silenzio assoluto, azzardo un:
"Perché non chiami mai mami-chan?"
Mi arriva in replica un sottile e leggermente ironico
"Nessuna nuova, buona nuova"
Infatti, io e mia madre ci sentiamo (quasi) quotidianamente, pur abitando a poche centinaia di metri di distanza.
"Fate troppo hōrensō tra voi..."

Sì, siamo così, che ci vuoi fare?
Shouganai ne? Ne?!?

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lunedì 11 ottobre 2010

Shouganai

Sei arrivato tardi al lavoro?
Be'..."Shouganai"
Hai perso le chiavi di casa?
"Shouganai"
Ieri sera hai bevuto come una spugna e oggi sei da buttare?
"Shouganai"
La tua squadra del cuore ha preso una batosta memorabile dall'ultimo in classifica?
"Honto ni shouganai"
Hai fatto il Jailbreak all'iPhone4 e a volte si blocca?
"Shouganai"
Hai preso il raffreddore?
"Shouganai"
Hai un'ulcera gastrica, ma bevi caffè, vino rosso, fumi e mangi piccante, poi ti viene mal di stomaco da morire?
"Shouganai"
"Koroushi"? (la morte improvvisa per sovraffaticamento da lavoro e stress)
"Shouganai"....

Per i giapponesi è tutto "Shouganai": non c'è nulla da fare, è così che deve andare, non ci si può fare niente.
Inoltre,
non si può cambiare quello che è già successo, quindi è inutile lamentarsi, inutile "piangere sul latte versato", per dirla a "modo nostro".

Ok, capisco che non ci si possa più far nulla, ma un po' di "lamento" è terapeutico, almeno per noi italiani.
"Rompere le balle" al nostro prossimo è una nostra abilità speciale.
Le nostre "sfighe" non devono abbattersi unicamente su di noi, dobbiamo poter "contagiare" il nostro prossimo, al fine di alleviare il nostro senso di frustrazione, per poterci sentire parte di una comunità, una comunità di "sfigati".
E siccome il nostro prossimo più prossimo è spesso il nostro partner, cerchiamo in lui (nel mio caso in Lei) un po' di conforto, un sostegno morale, una spalla su cui piangere, ma soprattutto un orecchio che ci ascolti!
Vorremmo che il "nostro prossimo più prossimo" ci desse manforte con qualche "Sì, maledetta sfiga, non è giusto, perché proprio a te? Non poteva capitare a....lui!"
E che il "lui" di passaggio, nonostante le furiose quanto inutili "toccate scaramantiche", venga coinvolto, suo malgrado, nella spirale liberatoria (per me).
Ma la partner giapponese, questa cosa non la contempla neppure.
Al massimo ascolta, in silenzio, annuendo di tanto in tanto, qualche mugolio sconsolato "Sō, sō....".
E se la partner giapponese, addirittura, è una giapponese "atipica" (per dire, non è la "yamato-nadeshiko" che tutti si aspetterebbero), invece dei mesti accenni di conforto, sbotta in breve in un bolognesissimo: "Bona lê"!!!
Sì, è vero, devo imparare che il mio "giramento di balle" (o "tiramento di culo" che dir si voglia) non deve essere trasmesso a viva forza alla mia partner, soprattutto perché, se a me passa in genere nel giro di pochi minuti, a Lei no, assolutamente NO!
Quindi cos'è peggio?
Sopportare in silenzio per un po' la frustrazione (magari mugugnando tra me e me in una stanza lontana, in modo che non senta neppure il brontolio),
oppure subire, colpevole, la successiva ed inevitabile ondata di malumore (che a volte si protrae per giorni)???

Ogni volta che succede, me lo ripeto e mi ripropongo di non farlo mai più.
Ma la volta successiva,
"Tack",
ecco che la mia "natura rompiballe" riaffiora come per magia....
Non imparerò mai!

Be'....
"Shouganai"!!!




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martedì 21 settembre 2010

Ocha suru?

Io non sono un "animale da bar",
anzi, se fosse per me, i bar andrebbero in fallimento.
Lei, decisamente, sì!

Premesso il fatto che in gran parte del Giappone, soprattutto nel centro delle grandi città, non si può fumare per strada e che le donne non "possono" comunque fumare camminando (non è per niente femminile, anzi alquanto disdicevole), il modo più piacevole per prendere l'agognata "boccata d'aria" per un incallito tabagista è, senz'ombra di dubbio, fermarsi in una caffetteria.
Nella maggior parte dei locali infatti è consentito fumare (o comunque sono presenti zone provviste di aspiratori ed adibite all'uopo).
Siccome la quasi totalità della Sua famiglia coltiva questa "passione", è naturale che si sia radicato in Lei il gusto ed il piacere di trascorrere il tempo libero tra gli innumerevoli "kissaten" dell'antica capitale.
Chiacchierare senza fretta, sorseggiare un caffè o, meglio, un cappuccino italiano (carissimo), assumendo la quotidiana "dose nicotinica" è divenuto ormai un rituale a cui non ci si può sottrarre.
E considerato il grado di "incallimento" di suocera e moglie, le mie giornate giapponesi sono costellate di simili "tappe".
Non che mi dispiaccia fermarmi, chiacchierare o fumare (anzi), solo che ogni volta mi vedo costretto a "sorbirmi" un tazzone di acqua scura, servito a temperature da fonderia: il famigerato "Hotto cohii" (da Hot coffee...insomma, caffè caldo).
Potrei anche lasciarmi sedurre dal caffè espresso ( o "Esupuresso", come si dice qui), ma mi vedrei comunque servire una tazza da the, ripiena di piombo fuso.
In più il mio cervello, una volta formulata la parola "Espresso", visualizza, l'ormai nota tazzina da bar, in cui dimora un dito (scarso) di nettare caraibico, incoronato da una schiumina morbida e vellutata, e lo shock di vedersi recapitare a tavolino la tazza formato famiglia è sicuramente peggiore del "doversi" trangugiare una "litrata" di lava gusto simil-caffè.
Mentre le donne parlano in fitto dialetto del Kansai, io cerco di stemperare il "beverone" con abbondanti aggiunte di latte e zucchero, ottenendo però effetti devastanti sulla mia tenuta intestinale.
Ma va bene, di solito ogni mio arrivo in terra nipponica è caratterizzato da una settimana di "tappo" assoluto, quindi è quasi una "mano santa"

...e poi così lascio loro ancora più tempo per chiacchierare in santa pace...


Quando torniamo in patria (la mia),
non posso, non voglio, sottrarmi in toto al "rito del bar":
so che per Lei è un piacere immenso (anzi, lo definisce il Suo "piccolo piacere quotidiano").

E così, quando nel mio giorno di riposo andiamo insieme a fare la spesa, la sosta al bar del supermercato non può mancare.
Ma mentre per me basterebbe (mi dispiace) un rapido "pit stop", Lei richiede un tempo di degustazione che ai miei occhi pare infinito.
Centellina la già minima quantità di liquido nerissimo con una parsimonia ed una pazienza (la mia) invidiabili.
Vorrebbe che quel momento non terminasse mai.
Poter stare, insieme, seduti al bar, chiacchierando amabilmente è un piacere per Lei impagabile.
Purtroppo io vivo questi momenti in trepidazione, abituato a trangugiare in un colpo il seppur caldo caffè.
In fondo se l'hanno chiamato "Espresso" un motivo ci sarà, no?
Espresso significa veloce, rapido, altrimenti l'avrebbero chiamato "Locale"!!!



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venerdì 17 settembre 2010

Interunetto

Come ben sapete, se seguite questo blog dalle origini,
Internet è stato un elemento determinante (anzi direi "l'elemento") nella nascita del nostro rapporto.
Tuttora, quotidianamente, riveste un ruolo importante.
A parte il confronto periodico per l'aggiornamento dei vari blogs,
è un fondamentale compagno di approfondimento, di ricerca, di svago...insomma, in parole povere siamo "Internet-dipendenti".

Ma mentre il mio approccio informatico è sconclusionato, meramente aleatorio, estemporaneo, "naïf",
Il Suo è metodicità allo stato puro!

Da vera "professionista", limita all'essenziale l'utilizzo del mouse,
attivando le varie funzioni con una serie infinita di "trucchi" e "scorciatoie" da tastiera.
Le stesse che, pazientemente, cerca di insegnarmi, ahimè con scarsissimi risultati.
"Perché non fai così? Ctrl+C, usa Shift...te l'ho già spiegato mille volte...fai molto prima, no?"
Io non metabolizzo, annuisco, faccio Ctrl+C, uso Shift, faccio molto prima....
"Com'era? Shift+???"
....faccio prima ad usare il mio amato "topo"!

Anche perché la pazienza non è una mia prerogativa.
Vorrei fare mille cose contemporaneamente, velocemente e quando, immancabilmente, il "povero" Pc si "impalla", parte, inesorabile una sequela di improperi da far impallidire uno scaricatore di porto.
Questo, Lei, non lo sopporta!

Anche Lei apre mille applicazioni e le fa "girare" contemporaneamente.
Però lascia loro il tempo per "pensare" liberamente, si prepara magari un caffè nel frattempo, senza scomporsi, senza un moto di impazienza, senza uno sbuffo insofferente.
E i processi, piano piano, "girano" come dovrebbero, senza "impallarsi", senza dover "riavviare" alcunché.

...e a me, cominciano a "girare" vorticosamente!

"Ma come, con me si blocca sempre!"

Addirittura c'è stato un periodo in cui, all'accensione, cliccando sull'icona che mi identifica come utente, il Pc andava in blocco.

Mi aveva preso in antipatia, ce l'aveva con me, sono sicuro!

Un po' perché io lo utilizzavo nei ritagli di tempo, la sera dopo cena o nei weekend, cercando di sfruttare al massimo il tempo a mia disposizione e sovraccaricandolo così di sollecitazioni.
Lei invece, quotidianamente, godendo della sua compagnia per svariate ore del giorno (e della notte) aveva raggiunto un feeling assoluto, un livello di complicità tale da scatenare in me un sentimento di gelosia.

"Perché con Lei funzioni perfettamente??? "

La "postazione informatica" era diventata suo territorio esclusivo.
Quando, per esigenze fisiologiche, si allontanava qualche minuto, mi gettavo sulla "preda" come un falco, o meglio come un avvoltoio, cercando di approfittare dei pochi attimi in cui la Sua "aura" pervadeva l'atmosfera circostante, il Suo "odore" era ancora nell'aria, magari riesco ad ingannarlo, ecco così, com'era? Shif+Ctr???

"Perché il Pc è bloccato? Hai fatto qualcosa?"
"Ioooo? Assolutamente! Sarà stanco..."

Insomma, incompatibilità all'ennesima potenza!!!

Mi compro un portatile, così mentre Lei "amoreggia" con il fisso, io posso soddisfare la mia "astinenza", posso perdermi nella Rete, navigando, perdipiú, spaparanzato sul divano!!!

Le mie velleità natatorie si arenano purtroppo ben presto sulla "barriera" della RAM del "Pcino" (così lo abbiamo affettuosamente ribattezzato).
La "pochezza" di memoria veloce e la lentezza della connessione Wi-fi mi distruggono.
E' assolutamente proibito aprire più di un'applicazione per volta (se si potesse, anche solo mezza).
Il caricamento delle pagine sul browser è un'agonia!
"Com'era? Ctrl+Alt+Canc??? Ma porc.....!!!"

E poi, come per incanto, ho trovato la mia dimensione:
Internet Mobile!!!

Dapprima con iPod Touch, poi con il recente gioiello di casa Apple: iPhone 4.
Un mare, anzi, un oceano di applicazioni e, soprattutto, Internet dove e quando voglio.
Non solo spaparanzato sul divano, ma anche a letto, al lavoro, in bagno!!!
Giorno dopo giorno affino le mie abilità, scopro trucchi, scorciatoie, se faccio Ctrl+C, se faccio Shift...faccio moooolto prima!!! Tsk! Altro che Pc...!!!

E così ci siamo suddivisi i territori, le competenze, il "raggio di navigazione".
Abbiamo raggiunto un tacito accordo, una sorta di "pace dei sensi".....

....basta che non ecceda nelle lodi del mio "iDevice"....



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domenica 29 agosto 2010

Anzenunten

"Che fortuna! Guarda, un posto proprio lì!"
"Ci sta??"
"Oi..." (intercalare tipico bolognese per dire "Certo!")
Mi affianco, retro e Zack! Una manovra!
"Wow!!! Guidi benissimo!"
"Grazie, ma ci stava tranquillamente...."
"No no, davvero, guidi benissimo!"
A parte che guidare è il mio mestiere, sono ormai più di due lustri che porto in giro per Bologna una "bestiola" lunga 18 metri, quindi quando sono in macchina mi sembra di avere un triciclo.
"Voi italiani guidate tutti bene!"
Su questa affermazione avrei qualcosa da ridire, però...
"Stamattina guardavo dalla finestra un furgone che è entrato in retromarcia nel cancello di fronte e le macchine sulla strada passavano alternativamente senza che nessuno facesse fare manovra...e non è successo un incidente!"
"Be'...non mi sembra così strano...è abbastanza normale no?"

Ripensandoci... abbastanza normale qui in Italia!
Infatti ricordo che la prima volta in Giappone ho assistito, esterrefatto, ad una scena simile, ma...
In una strada assolutamente deserta, un ragazzo doveva uscire con la sua auto, in retromarcia, da un passo privato. Mentre un suo amico fermava il traffico (fermava il nulla, perché non c'era nessuno nel raggio di chilometri), un altro gli faceva fare manovra. L'operazione ha richiesto 10 minuti buoni (nel frattempo era sopraggiunta, a velocità da lumaca, un'autovettura, così l'amico "vigile" non era stato vano). Non potevo credere ai miei occhi, ero così spazientito che mi sono a stento trattenuto dal dire "Dai, scendi che ti faccio manovra io!"

La verità è che i giapponesi eccedono in zelo.
Hanno un'attenzione smodata per ciò che riguarda la sicurezza, rasentando spesso il ridicolo (per noi).
Se si pensa che le autoscuole hanno circuiti privati dove gli allievi fanno "pratica" in tutta tranquillità, ci credo che una volta patentati e scaraventati nella bolgia del traffico nipponico, possano soffrire di inadeguatezza.
"Ma in Italia si fa scuola guida in strada? Da subito?"
"Oi!!!! Pensa che il mio istruttore, se ti vedeva un po' timoroso, ti portava subito in tangenziale, così ti sbloccavi per forza!"
"Pericolooooso!!!"
Effettivamente era un pochino incosciente, però funzionava, eccome!

"Mi piacerebbe portare la mia moto qui, però adesso mi è venuta un po' di paura..."
Sinceramente anch'io starei molto in apprensione sapendoLa in giro per la città, in moto!

In Giappone abbiamo fatto dei bei giretti in moto e devo ammettere che, una volta partita, è davvero in gamba.
Il più è immettersi nel traffico (e quello giapponese non è neanche lontanamente paragonabile a quello nostrano: è sì una marea, ma assolutamente omogenea ed uniforme, continua, perpetua, fluida, armoniosa...va be' sto esagerando, è che 10 automobilisti italiani producono più caos di 1000 giapponesi, forse).
Comunque dicevo, il più è partire.
Casco ben allacciato, luci accese anche di giorno, ci "affacciamo" su una strada a quattro corsie per senso di marcia, un rettilineo chilometrico, visibilità ottima, le giuste condizioni di temperatura e umidità, cielo sereno, fondo stradale in perfette condizioni....
Passano i secondi....
"Che c'è?"
"Arriva una macchina!"
"Dove?"
"Laggiù, non vedi?"

Un puntino all'orizzonte, poteva essere qualsiasi cosa, anche un albero...

"Secondo me ce la facciamo a passare tranquillamente, a meno che non stiano girando il sequel di Fast and Furious a Kyoto...secondo me è un anziano con la goccia..."
"Uff...non mettermi fretta! E poi non è una goccia, è una foglia!"
Per chi non è mai stato in Giappone (e per chi c'è stato ma non ci ha fatto caso), spiegherò che, sempre per via di quell'amore smodato per la sicurezza, è uso comune porre un adesivo a forma di foglia (?) verde bicolore per i principianti
(sono ancora acerbi) e bicolore marrone per gli anziani (sono già....secchi?).
Io sono più propenso a ritenere che sia una goccia, avete presente i personaggi dei manga, quando sono a disagio, imbarazzati, che hanno sempre una goccina di sudore sulla fronte?
Ecco, sembra che le automobili pensino: "Scusate, il mio proprietario non è troppo abile, abbiate pazienza, non è colpa sua, sta facendo del suo meglio..."

Insomma partiamo, mi sembra un po' rigida, subito una gran "sfrizionata".
"Scusa, è che non ho mai caricato nessuno, se dovessimo cadere o fare un incidente non me lo perdonerei mai!! Con te poi... Non voglio che ti succeda nulla!!!"
"Devo tornare in metro??? Dai, tranquilla che stai andando benissimo!!!"
A dire la verità quella era la seconda volta che andavo in moto e la prima era stata un'esperienza allucinante, caricato da un amico folle che guidava come un Valentino Rossi ubriaco.
Cercavo di dissimulare il mio nervosismo.
Però strada facendo, la sua guida si faceva sempre più sicura, cambiate perfette, staccate al momento giusto, perfino qualche "piega" (in tutta sicurezza, ovviamente).
Se alla partenza mi aggrappavo rigidamente al sostegno posteriore della sella, con la schiena quasi dritta, senza assecondare i movimenti della moto (e facendoLe fare il doppio della fatica), via via che la strada scorreva liscia sotto di noi sentivo crescere in me una grande fiducia nelle sue abilità di centauro.
La mia schiena si fece più rilassata, le mie mani lasciarono il freddo metallo del portapacchi per adagiarsi dolcemente sui suoi caldi fianchi.
Diventammo un tutt'uno: io, Lei e la moto.
Divoravamo la strada, non pensavo a nulla.
I suoi lunghi cappelli, da sotto il casco mi sferzavano il viso, il suo profumo mi inebriava.
Zigzagando tra le macchine in corsa, sognavo ad occhi aperti, un viaggio per il Giappone in moto con Lei, il tramonto all'orizzonte sulla Route 66, il passo della Raticosa, il sole a mezzanotte a Capo Nord....

"Brummmm"

"Ecco...arrivati!"
"Giàaaa???"

Non ho mai avuto la passione per la moto, ma da quella volta, ogni giorno, andando al lavoro, mi soffermo sempre a guardare la vetrina di un concessionario "Triumph", con occhi sognanti, rivivendo, quotidianamente, anche se solo per pochi secondi, quell'emozione, quel soffio di vita, quel battito di cuore che Lei mi ha saputo regalare!






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sabato 28 agosto 2010

DIY

In italiano si dice "Fai da te", diretta traduzione dell'inglese "Do it Yourself".
In giapponese? Uguale, ma abbreviato (ovviamente): "DIY".

Non posso dire di avere una passione per quest'hobby, infatti tendo a rimandare il più possibile ogni piccola riparazione fino al momento in cui si rende assolutamente necessaria (suscitando le ire di mio padre, il quale è, come diciamo a Bologna, un gran "ciappinatore").
Ma anche tutto ciò che non è pura e semplice manutenzione (o riparazione appunto), non suscita in me un grande entusiasmo.
Alla mia dolce metà, invece, queste cose piacciono molto!
Dotata di ottima manualità e gusto, è sempre alla ricerca di "qualcosa di carino", coinvolgendomi in nuove "avventure".
Ma mentre Lei è metodica, paziente, organizzativa, io sono assolutamente impreciso e soprattutto poco paziente!
Vorrei aver finito prima ancora di cominciare!!
Anche se, a lavoro ultimato, il risultato è soddisfacente (almeno fino ad ora lo è stato) e provo anzi un certo orgoglio nel pensare di "averlo fatto noi", il periodo che intercorre tra il momento in cui Lei prende le misure e la fine del lavoro, viene vissuto da me con un certa angoscia, come un supplizio a cui non è dato sottrarmi.
Lo è stato con i mobiletti del bagno di servizio (e alla fine ero talmente contento di come erano venuti, grazie anche alle Sue personalizzazioni, che passavo più tempo in bagno che in sala, avrei voluto trasferimici...), lo è stato con lo scaffale affianco alla "postazione informatica" ed anche in Giappone, quando ho montato i corrimano per le scale di accesso all'appartamento di mami-chan.

Durante queste "avventure" sprigiono la quintessenza della mia italianità latente.
Che immancabilmente si scontra con la Sua (evidente) giapponesità!

Si comincia con le misure:
Lei carta e penna alla mano ed io con il metro
"Hai controllato bene?"
"Sì, stai tranquilla"
Preparato uno schizzo (tridimensionale e perfettamente quotato, in stile architettonico), partiamo alla volta di "Castorama" (o altre catene specializzate in hobbistica).
E' incredibile quanti "ciappinatori" ci siano a Bologna, perché questi negozi sono sempre pieni di gente, a qualsiasi ora!
E già un'impercettibile nota di irritazione si dipinge sul mio volto...
"Dai, stai tranquillo, abbiamo tempo, è il tuo giorno di riposo..."
"Appunto..."
Comunque l'importante è stare insieme, non importa dove (anche se avrei preferito evitare la bolgia delle casse...).

Ma il bello viene nel momento in cui mi accingo a "produrre"!!!
Siccome la mia cassetta degli attrezzi non è propriamente quella di un professionista, utilizzo ciò che ho a disposizione.
E se quello che ho non è esattamente ciò che mi serve, lo adatto, avvalendomi spesso di escamotage non sempre ortodossi.
Questa cosa non rientra propriamente nei Suoi canoni, però cerca di fare "buon viso a cattivo gioco", come si suol dire.
Infatti spesso si assenta,
"Ti lascio lavorare in pace"
ma in realtà, credo, la mia procedura urta un po' la sua "sensibile integrità".
Ovviamente le cose non vanno mai per il verso giusto ed ad ogni mia imprecazione o borbottio, sono sicuro che Lei, in cuor suo, maledica il momento in cui mi ha "proposto" il lavoretto.
Il risultato però soddisfa sempre entrambi, perché, alla fine, l'apparenza è buona (e solo io so come è stata ottenuta) e l'oggetto è funzionale.

Anche in Giappone, dicevo prima, ho prestato le mie "manine d'oro" per montare dei corrimano alle scale, in modo da agevolarne la salita.

Per prima cosa le misure, ora lo posso ammettere, sono andato "a occhio".
Poi, presso il "Castorama" locale, la scelta dell'attrezzatura
"Direi che questi vanno bene..."
"Come diresti??? Non hai preso le misure bene?"
"Sìsì...questi sono assolutamente ciò che ci serve!"

Si comincia!
Mami-chan trotterellava dentro e fuori, documentando fotograficamente l'evento.
Faccio i segni per i fori, faccio i fori per le viti, metto i tasselli nel muro, monto il primo corrim...
" 'Azz' !!!" Ho sbagliato due fori, non riesco a montarlo!
"Atsui desu ne?" (caldo vero?) Mami-chan esce con un bicchier d'acqua e un asciugamano.
Fortunatamente la fonetica mi ha salvato e la mia imprecazione è stata scambiata per una normale esclamazione: i giapponesi si lamentano sempre per il caldo (ed infatti stavo sudando come un animale da pelliccia in piena estate!)
Anche Lei si affaccia "Tutto bene?"
"Ssssìsì...solo un gran caldo..."
"Riposati un po', vieni dentro"
"Nono... voglio finire!"
Per fortuna i muri delle case giapponesi, grazie ai criteri antisismici, non sono duri come quelli italiani.
Allargati i buchi, sistemati i tasselli, messi in pressione usando come spessore dei pezzetti di plastica trovati non so dove...insomma, sembrava funzionare.
Risultato estetico: ottimo!
Mi attacco di peso, non voglio che qualcuno si faccia male per una mia negligenza...
Tiene, perfettamente!

Sono passati 2 anni e i corrimano sono sempre là, fedeli assistenti di stanche membra!

Rimango della mia idea:
Non importa come, importa ciò che ottieni!

"Chi fa da sé fa per tre", ma se fossero gli altri due a farlo sarebbe meno faticoso, no?



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giovedì 26 agosto 2010

Seiri suru

A me piace l'ordine!
A casa, tutto deve essere perfettamente sistemato e disposto secondo un ordine ben preciso.
Questa mia pignoleria forse è un retaggio familiare.
Mia nonna, ora 82enne, in una forma splendida, ancora oggi passa le giornate pulendo e sistemando casa (e preparando manicaretti da mille e una notte, ma questo è un altro discorso).

Ricordo bene le domeniche mattina quando, da bambino, il mio compito era di passare la lucidatrice.
A casa dei miei genitori, il pavimento in marmo, da 40 anni, viene settimanalmente lucidato a cera.
I miei, per responsabilizzarmi, avevano stabilito che fosse compito mio tirare a lucido con la macchina, ogni sacrosanta domenica mattina.
La cosa, a dire il vero, non mi turbava affatto, anzi, era per me un vero divertimento.
Mi piaceva il suono della lucidatrice, il moto altalenante della mia mano produceva armonie ronzanti (e quasi oniriche).
Spesso mi dovevano fermare: "Basta, ora più che tirarla, la stai togliendo, la cera!"
Forse da queste reminiscenze è venuta la mia passione per l'aspirapolvere.
Ogni mattina, devo, assolutamente, passare l'aspirapolvere per tutto l'appartamento...
...con somma gioia della mia dolce metà (infatti, Lei, non ha un buon rapporto con questo elettrodomestico: ogni volta che lo usa salta la corrente...in realtà il cavo è un po' difettoso ed io lo sistemo sempre un po' troppo approssimativamente, ma io voglio pensare che la mia fedelissima desideri, nel suo piccolo, essere usata solo da me).

Comunque, dicevo, tutto deve essere in ordine!
Tutto deve essere pulito, non ci deve essere un capello a terra e se c'è, sicuramente non è mio!
(ad uso esclusivo di chi non mi conosce personalmente, preciso che la mia testa è sì tatuata, ma ahimè, liscia come una palla da bowling).

A dire la verità, riconosco di essere un vero "maniaco", sfociando spesso nell'esagerazione.
I cassetti devono essere tutti perfettamente chiusi, i libri sugli scaffali allineati, i soprammobili disposti in una certa maniera, persino gli interruttori della luce hanno un ordine.
Prima di uscire (o di andare a letto) faccio un giro di "accendi e spegni" in modo da disporli nel "senso giusto".
Purtroppo in sala i 3 interruttori che comandano i 2 punti luce non possono essere allineati come vorrei e questo mi fa impazzire, ho addirittura pensato di chiamare un elettricista per cercare di risolvere la questione, ma un po' il fatto di dovere pagare per una simile sciocchezza e un po' (soprattutto) la vergogna di dovere esibire queste mie insulse manie, mi hanno fatto desistere e a tutt'oggi mi ritiro mestamente nelle mie stanze con questo cruccio.

Sì va bene, direte Voi, abbiamo capito, ma....che c'entra tutto ciò con la giapponese per casa???

Arrivo al dunque!

Durante il Suo primo soggiorno a casa mia (allora era solo mia), forse per dare una mano, forse per ricambiare l'ospitalità, si mise a sistemare e pulire durante la mia assenza.

Devo ammettere che il mio amore per l'ordine si limita a ciò che l'occhio vede.
I cassetti sono perfettamente allineati, ma dentro c'è un mondo a parte!
Anche negli armadi, i vestiti sono piegati e appesi alle grucce, ma non c'è un ordine logico: in sostanza, dove c'è spazio io metto!

Giustamente, Lei decise che era ora di ovviare a questa mia mancanza!

E quella sera, tornato dal lavoro, accolto dal consueto e sorridente "Okaeri", ebbi la magnifica sorpresa.
Tolte le scarpe, feci per riporle nel ripostiglio adiacente al piccolo bagno di servizio, quando, con voce suadente, Lei disse:
"Scusa, ho sistemato un po'... non è che non fosse in ordine, ma così è meglio, non trovi?"
Sembrava un paradiso: prodotti per le pulizie perfettamente riposti, spazzole, piumini per la polvere appesi a gancetti fatti su misura, ognuno della giusta lunghezza, in modo da essere presi tranquillamente senza dover traslocare mezzo sgabuzzino.
Persino i sacchetti di plastica, che dopo ogni spesa io appallottolavo e conservavo per ogni evenienza (che non "eveniva" mai) in una scatola di cartone, erano stati ripiegati e ridotti ai minimi termini (occupando così un decimo dello spazio) e riorganizzati per tipologia, materiale e addirittura livello cromatico.
Mi sono sentito un principiante!!!

"Scusa, posso vedere una cosa?"
Mi precipitai in camera da letto e aperto a caso un cassetto del "settimanale" che avevo riservato a Lei vidi che aveva sistemato tutta la sua roba in modo esemplare, in pochi cassetti aveva riposto più di quanto io tenessi in un armadio a quattro ante!
Era la donna per me, non potevo lasciarmela sfuggire.
Per lo meno dovevo carpire i segreti della sua capacità di organizzazione.

E da quel momento, la gestione della casa (e non solo di quella), ciò che era per me un vanto ed un onore, è diventato esclusivo appannaggio della Sua incredibile abilità....aspirapolvere a parte!




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venerdì 20 agosto 2010

Motenashi

Per i giapponesi l'ospitalità è sacra!

In Kansai, dove la gente è di indole più cordiale, più "calda", un po' meno formale (rispetto alla media nazionale, ovviamente) l'ospitalità rasenta l'esagerazione.
Volendo fare un paragone, potremmo dire che i "kansai-jin" rappresentano il corrispettivo dei nostri partenopei ( o meridionali in generale).

Per questo, ogni mio soggiorno nipponico è costellato di appuntamenti.
Lungi dall'essere un "dovere", l'ospitalità di amici, parenti e vicini vari, influisce seriamente, a fine vacanza, sul mio "peso forma"!!!

Ma veniamo per gradi.

Durante il mio primo viaggio da "fidanzato ufficiale", l'accoglienza di quella che sarebbe diventata la mia famiglia adottiva, mi ha letteralmente sbalordito!
Passi per le abbondanti cene in casa e fuori ( per farmi gustare le varie specialità ), tutte rigorosamente offerte, ma addirittura i divertimenti...

Karaoke? Locale notturno? Tutto pagato!
Perfino le tessere della metropolitana e le sigarette!!! Mi sentivo quasi in imbarazzo, non volevo approfittare così tanto.

"Non deve pagare MAI!!!" diceva il mio futuro cognato (o "aniki" -fratello-, come preferisce essere chiamato).
E infatti non ho pagato mai.

Ma bella fu quella cena (la prima di una lunga serie) a casa di amici vicini.

Accolti in una splendida villetta moderna, dopo una serie infinita di convenevoli, ci sediamo a tavola.
"Era ora, ho una fame!"
"Molto bene, perché dovrai mangiare un tot!!!"
"Dovrai?"
Boh...un errore di traduzione, pensai, solitamente Lei non usa il verbo "dovere".

Si comincia con una portata (enorme) di sashimi (buonissimo).
Inizio a mangiare "a quattro ganasce".

"Mangia piano piano..." mi sussurra di sottecchi.

Uhm...ha ragione, è da maleducati ingozzarsi così (anche se i giapponesi mangiano velocissimamente...).

Mmmm......"devo" bere.

"Va bene la birra?"
"Ceeerto!!!"

"Bevi lentamente" mi sibila ancora.

"Ops...scusa..."

Le portate sembravano non dover finire mai.

E Lei, che solitamente mangiava come un uccellino, piano piano, "spolverava" tutti i piatti.

"Ma quanto mangi???" le ho non troppo sussurrato.

Il suo sguardo eloquente mi ha bruciato tutta la parte destra del viso.

"Sto mangiando anche per te, per non farti stare male!!!"

Il fatto è che se mangi voracemente, significa che apprezzi, quindi te ne portano ancora.
Per contro, se mangi poco o svogliatamente, corri il rischio di offendere seriamente chi ti sta ospitando.
Un po' come quando vado dalla nonna, che dopo il quarto piatto di lasagne, con le pareti addominali al massimo della dilatazione e le lacrime agli occhi (che non so bene se siano davvero lacrime o essudato di ragù), accennando lievemente una smorfia di dolore, faccio per allontanare il piatto
"Come, non mangi più? Non ti piacciono?"
"Be', forse un'altra mezza porzione in tasca la riesco ad infilare...è l'unico spazio che mi è rimasto!"

Anche dire "Basta, sono pieno!" non è educato.

Teoricamente si dovrebbe stancare prima chi offre (cosa che non succede perché anche lui non vuol fare la figura dell'avaro).
E' un meccanismo crudelmente perpetuo.

Stessa cosa vale per il bere, con conseguenze devastanti sul risveglio mattutino successivo.

E' per questo che in Giappone si vendono (ovunque) estratti energetici e prodotti per salvaguardare l'organismo dalle eccessive libagioni.

Il più famoso è "Ukon no Chikara" a base appunto di "Ukon" (Zafferano delle Indie).

La prima volta in un "konbini" Le gridai:

"Prendiamo "Unko" stasera, vero?"

Gli occhi pallati degli avventori tutti su di me....

Una vera figura di "unko"!!!
(direi che non serve tradurre la parola "unko", il significato lo si evince).




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domenica 8 agosto 2010

Kiyomizu-dera no charenji

Durante la mia prima, brevissima tappa a Kyoto, nel "lontano" 2006, l'unico posto che visitai accuratamente fu il tempio buddista di Kyomizu.
Nel mio folle innamoramento a prima vista, proprio a Kyomizu, nel "lontano" 2006, impressi il mio desiderio su di un "ema" ( una tavoletta votiva):
"Che Lei mi ami per sempre!!!"

La tavoletta su cui scrissi quel desiderio, quattro anni or sono, è bruciata ormai da tempo e i vapori del mio anelito, sparsi sull'antica capitale.
Nel mio immaginario, però, questo luogo, considerato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, finalista per diventare una delle 7 meraviglie del mondo moderno, è anche il custode del nostro eterno amore!

Un custode meraviglioso, che in autunno si tinge del rosso dei "momiji" (le foglie rosse di acero) nelle sue gradazioni: uno spettacolo che ogni anno si ripete per la gioia di migliaia di visitatori.

Ma non per noi....

Infatti ogni volta che decidiamo di andare, per un motivo o per un altro, futile o serio che sia, finiamo sempre per litigare e torniamo a casa senza neppure entrare.
A dire la verità, il Novembre scorso siamo riusciti ad entrare, perché c'era Mami-chan a fare da paciere, però un piccolo battibecco lo abbiamo avuto comunque.

A Bologna abbiamo un detto, riguardante il Santuario della Madonna di San Luca (nel suo piccolo, una sorta di Kiyomizu felsineo):
"Si sale in coppia e si torna da soli",
a rappresentare il fatto che molte coppie di giovani innamorati, durante gli oltre 2 Km della salita che dal Meloncello porta al Santuario,
un po' per la fatica, un po' per qualcos'altro, finiscono per litigare.

Ma il nostro custode, alla fine, ci lascia sempre riappacificare!

La vita insieme è una sfida quotidiana, piena di conquiste e di soddisfazioni.
A volte capita qualche piccolo intoppo, è naturale, ma l'importante è avere la volontà di superarlo:
"Volere è potere!"

Prima o poi, troveremo il modo di affrontare e superare la " Prova Kiyomizu"...

Per adesso è "quasi" divertente.

In fondo,

"L'amore non è bello se non è litigarello"...

no????









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martedì 3 agosto 2010

Nukeme no nai

Anche l'occhio vuole la sua parte!

Forse non esiste altro posto al mondo, come in Giappone, dove questo detto sia così vero.

Il giapponese è infatti un vero "fanatico" della presentazione, della disposizione, dell'apparenza, della forma.
Non a caso sono nate in Giappone le arti dell'Ikebana, dell'Origami, la Cerimonia del The...

Tutto è meticolosamente preparato e predisposto a soddisfare in primo luogo la vista.
Basta andare in un ristorante per godere, prima di tutto, della disposizione dei cibi nei piatti.
Nei negozi, qualsiasi articolo si venda, la merce è esposta in maniera artistica e confezionata in modo perfetto.
E' quasi un peccato dover aprire il pacchetto
(forse è per questo che non li aprono subito quando ricevono un regalo o un souvenir, per godere il più possibile della confezione...).

E le confezioni, a volte, sono più ricche della merce stessa.
Ho visto meloni (carissimi) trattati come diademi:
imballati in una retìna di protezione, adagiati in una scatola di legno pregiato foderata di prezioso velluto, incartati abilmente e sistemati in meravigliose borsine, finemente decorate.
Ci credo che costavano così tanto!
"Mettilo in un sacchetto di plastica e fammelo pagare la metà...tanto lo dobbiamo mangiare!"

Ma il giapponese mangia per prima cosa con gli occhi!!!

E' per questo che, al ritorno dal lavoro, dopo l'immancabile sorridente "Okaeri", la cena è un vero piacere per la vista.
La tavola è imbandita, i piatti sono uno sfavillio di colori, i cibi disposti con precisione maniacale.
Mi dispiace quasi dover rovinare una simile opera d'arte.
E così, mentre sto attento a rovinare il meno possibile, prendendo poco a poco questa o quella pietanza, non mi accorgo che sto mangiando una semplice insalata o magari gli avanzi della sera precedente...

Furba, eh?


ATTENZIONE!!!

Mentre per noi italiani l'aggettivo "furbo" è una sorta di complimento, in Giappone ha una connotazione alquanto negativa.
O meglio, esistono due modi di tradurre la parola "furbo" ed io, ovviamente, scelsi quello sbagliato!

Era l'ottobre 2007, quando, a Kyoto, fui presentato ufficialmente alla Sua famiglia.
La sera del nostro arrivo, facemmo una cenetta informale in un Izakaya (una sorta di osteria nostrana).
Durante la serata i discorsi furono tradotti bilateralmente da Lei, perché la mia futura suocera parla esclusivamente il giapponese ed io non lo masticavo ( e tuttora ahimè non lo mastico) per nulla.
Quando una necessità fisiologica ci fece rimanere soli, faccia a faccia.
"Su, parlate un po'...io torno subito!"

Lunghi silenzi imbarazzati, occhi che vagavano nel vuoto alla ricerca di chissà che cosa...
Decisi di rompere il ghiaccio, in fondo sono italiano, siamo famosi per la nostra affabilità (in verità io non sono così "italiano", comunque...) e poi avevo al seguito il mini-dizionario.
Per continuare sulla falsariga del discorso che stavamo facendo, aprii il libricino e scorrendo le parole febbrilmente con il dito, azzardai un "Kanojo ga zurugashikoi desu", intendendo dire con questo: "Lei è furba".

Il viso della mamma si fece serio.
Se prima, mentre cercavo di arrabattare le parole, mi sorrideva incuriosita e quasi divertita alla vista di questo "henna gaijin" pelato, ora il suo viso era impassibile, una statua di sale, neppure un piccolo sorriso di circostanza.

"Che succede? Avete parlato? Avete detto male di me, vero?" ridendo...

"Boh, mi sa di sì... ho detto che sei furba... ecco guarda, ho detto così..."

"Ahahahah...."

Avevo malauguratamente scelto la definizione di colui che, approfittando della dabbenaggine altrui, volge le situazioni a proprio vantaggio...insomma, un truffatore.

Due parole chiarificatrici e sul bel viso di quella che avrebbe potuto non diventare mai mia suocera tornò il sereno.
Fortunatamente "mami-chan" è donna saggia e di larghe vedute, ed accettò di buon grado le giustificazioni del caso.

E il mini-dizionario venne riposto nel più recondito dei meandri della valigia e non ne uscì più!!!






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domenica 1 agosto 2010

Hoshii

"Che cosa vuoi fare oggi?"
"Dove vuoi andare?"
"C'è qualcosa che vuoi vedere?"
"Vuoi un gelato?"
"Dove vuoi fare la cena?"

A Ferrara, quel pomeriggio primaverile, scoppiò la "Bomba",
la prima, imprevedibile, inaspettata esplosione!
Tutti i sentimenti, le emozioni, le paure, gli stress fino a quel momento repressi e compressi si riversarono in una fragorosa e prorompete deflagrazione.

"Basta!!!!
Vuoi vuoi vuoi....sempre vuoi!
Non sai dire altro? Sei tu l'italiano, io sono una turista! Sei tu che sai cosa c'è da fare!"

"Mmmmm.....ma....che ho detto di male??? Io volevo solo essere gentile..."

"Be' non lo sei, per niente!!! Da quando sono qui non fai altro che chiedermi vuoi questo, vuoi quello.... non è gentile..."

"Ccccc....come non è gentile???"

"Certo!!! E' molto arrogante da parte tua, come se mi concedessi il favore di fare questa o quella cosa. E da parte mia, se dicessi voglio questo o quello, sarebbe oltremodo egoista, no?"

Caddi dalle nuvole.
Un volo tremendo, da altezze vertiginose, senza paracadute, senza via di scampo.
Il culture gap qui era davvero notevole.
Come fare per colmarlo?

"Sssssccc...scusa, ma....qui si usa dire così, per essere gentili. Come dovrei dire, secondo te?"

"Ti piacerebbe fare questa cosa?
Ti piacerebbe andare in questo posto? Ecco, così è più gentile..."

"Acc...scusa ancora, ma come potevo saperlo? Noi siamo abituati così..."
"Be', abituati male!"

La cena in quel ristorantino con i tavoli all'aperto fu piuttosto silenziosa, solo io cercai di colmare le distanze, arrabattandomi come meglio potevo, ahimè con scarsi risultati.

Per fortuna giunse in mio aiuto un meraviglioso piatto di tortelli di zucca all'aceto balsamico.
L'atmosfera si fece più rilassata.
"Ottimi, hai scelto bene, grazie!"
Adesso era più disponibile ad ascoltare il mio punto di vista.

Il lambrusco, rosso compagno di avventure, mediatore instancabile, paciere per antonomasia, diede il colpo finale.

Ci eravamo capiti!!! Forse....


Ad ogni buon conto, quando l'anno successivo Le feci la fatidica proposta, usai un "prostrato":
"Cara, ti piacerebbe concedermi l'immenso onore di diventare mia moglie?"

"Nani??? (Cosa???)"

"Ehm...ti....piacerebbe......(praticamente sdraiato)...vu...oRRESTI sposarmi?"
... ... ... ... ... ... ... ...

(attimi interminabili, fronte imperlata, lingua felpata, allucinazioni mistiche...)

"... ... ... Così.....Siiiiii!!!!"







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martedì 27 luglio 2010

Chūkan

Una sera d'inverno (la nostra convivenza aveva da poco passato il mese) tornando dal lavoro, percorrevo a piedi le poche centinaia di metri che separano il deposito degli autobus da casa mia.
Parlavo tranquillamente al telefono con mia madre, quando all'improvviso: "Sciafff!!!"

Qualche "buontempone" aveva avuto la "brillantissima" idea di farmi un "gavettone".
Il palloncino pieno d'acqua, lasciato cadere da una finestra, mi era sibilato a pochi "micron" dalla testa e si era infranto sul marciapiedi senza peraltro bagnarmi minimamente.

Esplosi in un sonoro: "Stronzo, due volte stronzo!!! La prima per avermi tirato il gavettone, la seconda perché non sei neppure stato capace di colpirmi!!!"
Ovviamente il colpevole si era già ritirato nei suoi alloggi e a me non restò che continuare a borbottare fino a casa.
Infilata la chiave nella toppa, mi accolse il solito "Okaeri" sorridente e l'episodio appena accadutomi passò immediatamente in secondo piano.

Durante la cena, ottima come sempre, parlando delle rispettive giornate, ecco ritornare alla mente il "maledetto attentatore".
Raccontai l'accaduto in maniera, a mio avviso, alquanto colloquiale, senza mettere particolare enfasi (sempre a mio avviso).

Il Suo visino si rabbuiò, il sorriso sparì, si fece silenziosa...non era dello stesso avviso.

"Che succede? Ho detto qualcosa che non va???"
"You gave me a bad feeling" (parlavamo ancora quasi esclusivamente in inglese).
"Ti ho dato una brutta sensazione??? Scusami, ma non era certo rivolta a Te..."
"Certo, chiaramente ho capito che non ce l'avevi con me, però perché trasmettermi il tuo nervoso?"
"Capisco bene che il tuo è un lavoro duro, stressante, sempre in mezzo al traffico. E' per questo che ogni sera ti accolgo con il sorriso, per scaricare il tuo stress, to ease your stress!!! Magari anche per me è stata una giornata difficile, da sola, cercando di pensare qualcosa di buono da prepararti, con la difficoltà di non saper parlare l'italiano, fare la spesa.....ma nonostante tutto voglio essere sorridente per te, non ti voglio caricare delle mie fatiche, perché sono felice quando torni a casa e possiamo parlare!"

Mi sono sentito una merda, anzi peggio!

Non mi era mai capitato un ragionamento simile.
Di più, un pensiero del genere non mi aveva mai neppure lontanamente sfiorato.
Anche solo l'idea che potesse esistere su questa terra un essere umano capace di tali sentimenti mi era totalmente estranea.
Una cosa fantastica!!!


E dire che noi italiani, quando siamo di cattivo umore facciamo di tutto per rompere le scatole al prossimo affinché anche lui possa finalmente diventarlo.
In fondo, mal comune è mezzo gaudio.


Peccato però che i giapponesi invece (come dicevo), non lasciando trasparire il loro disagio, accumulino, accumulino, accumulino....finché "BUM!!!"



Ci vorrebbe quella famosa "Via di Mezzo", che è anche uno dei fondamenti del Buddismo.
Riusciremo mai a trovarla?

(in realtà l'ho trovata, ed è anche piuttosto vicina a casa....)








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domenica 25 luglio 2010

Sentaku

Le serate scorrevano piacevolmente, davanti ad un bicchiere di vino, rigorosamente rosso, affiancati dai fedeli dizionari.
A casa avevo infatti un ottimo vocabolario Inglese-Italiano e nel frattempo mi ero procurato un discreto supporto per il Giapponese.
Il micro-dizionario da viaggio, a cui si era unito il classico "frasario", aveva fatto il suo tempo!
Nel suo piccolo, è stato compagno insostituibile durante il soggiorno in Giappone, fedele consigliere durante i contatti virtuali.
Ora la cosa si faceva concreta, i contatti erano reali e mi serviva qualcosa di "serio".
Avrei voluto acquistare lo splendido "Shogakukan", ma gli oltre 100 € per la sola versione unilaterale mi hanno fatto propendere per un più accessibile "Zanichelli".

Le serate, dicevo, scorrevano veloci, anche perché effettivamente ci voleva un po' di tempo per tradurre.
Finché si trattava di argomenti "leggeri" tipo avventure ed esperienze varie del nostro passato, i discorsi filavano lisci senza troppe ricerche.
La faccenda si complicava "terribilmente" quando si toccavano tematiche più "profonde".
Senza arrivare a disquisizioni filosofiche, anche solo confrontarsi sul come affrontare un determinato atteggiamento o comportamento diventava un "muro insormontabile".
L'argomento peggiore erano i sentimenti!
Italiani e Giapponesi hanno due modi assolutamente diversi (oserei dire quasi opposti) di esternare i propri sentimenti.
E probabilmente hanno anche valori sentimentali diversi, nel senso che danno "più peso" a cose diverse.
Mi spiego,
innanzitutto la forma:
Noi italiani siamo piuttosto informali, soprattutto nei rapporti di coppia, soprattutto noi uomini, soprattutto io...
Per i giapponesi la forma è essenziale, soprattutto nei rapporti di coppia, soprattutto le donne, soprattutto Lei...
I giapponesi vanno "abbondantemente" per intuito, non c'è bisogno di parlare per intendersi,
gli italiani sono un po' più "de coccio" ( vi prego, lasciatemi pensare che sia un "culture gap" e non solo una mia mancanza).
I giapponesi non esternano il proprio stato d'animo, non lasciano trasparire le proprie emozioni ed opinioni,
noi italiani le esterniamo eccome!
I giapponesi (soprattutto LE giapponesi) tengono tutto dentro, salvo poi esplodere, quando il livello è colmo, anche per una piccola cosa.
Noi italiani invece esplodiamo sempre, anche per piccole cose.

Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che il confronto avveniva in Inglese, che non è la lingua madre di nessuno dei due, vi lascio immaginare che genere di "misunderstanding" saltavano fuori.
Io dicevo una cosa in italiano, la traducevo in inglese e Lei dall'inglese al giapponese.
Avete presente quel gioco del passaparola che si faceva da piccoli con dei bicchieri di plastica a cui veniva legato uno spago? Il primo diceva una frase, che veniva immancabilmente stravolta nei vari passaggi e alla fine tutti si divertivano a sentire cosa diventava... be' il risultato era simile e a volte, in verità, non si rideva troppo...
Ma la cosa più bella (che mi ha fatto innamorare profondamente) era che non si chiudeva mai l'argomento, anche con il nervoso o con la delusione malcelata sul viso, comunque si arrivava al chiarimento, comunque c'era la volontà di capirsi.
Nel 99% dei casi erano infatti errori di traduzione o profonde differenze nel retaggio culturale/sociale che si concludevano, a notte inoltrata (e bottiglia vuota) con la soddisfazione di aver aggiunto un tassello importante nella nascita del nostro rapporto, anche se solo di amicizia.


E un importante tassello venne aggiunto quella sera, tornato a casa dal lavoro, notando lo stendibiancheria vicino al termosifone.

Le avevo spiegato come funziona la mia lavatrice (anche se non credo che differiscano troppo i modelli tra Italia e Giappone, comunque, per sicurezza...) e Lei molto carinamente aveva lavato oltre i suoi, anche i miei vestiti.
La nostra "convivenza" era ancora piuttosto "fresca" ed io non sapevo come affrontare l'argomento:
tra la biancheria stesa non c'era il benché minimo indumento intimo femminile.
Non ne indossa?
Non li lava?
Biancheria usa e getta?
Decisi, da buon italiano, di affrontare direttamente il discorso, senza mezzi termini:
"Scusa ma...la tua biancheria, dov'è???"
"Stesa dentro l'armadio, non è bene esporre biancheria intima femminile...e poi potrebbero rubarla!"

In un solo istante furono cancellate lunghe serate a parlare di forma, di atteggiamenti, comportamenti.
Il tassello era schizzato come un proiettile:
"Eeeehhhhh???? Dentro l'armadio??? Ma sei impazzita? Vuoi farlo marcire???"

Anche quella sera abbiamo approfondito e chiarito l'argomento, col solito bicchiere di vino ed i fidati dizionari.....però parlavo solo io.
Era troppo offesa dalla mia reazione (francamente un po' esagerata) ed anche contrariata per aver fatto una cosa un po' sciocca.
Va bene che non siamo ancora troppo in confidenza, ma qui non si sognerebbe mai nessuno di venirti a rubare le mutande!

La differenza culturale e sociale è stata superata allestendo una sorta di "tendina" attorno ad un piccolo stendino con la sua biancheria, in modo da coprirne la vista.
Un escamotage che ha incuriosito per lungo tempo la nostra anziana dirimpettaia (e che francamente potrebbe adottare anche lei per nascondere alla nostra vista i suoi mutandoni ascellari....)




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martedì 20 luglio 2010

O furoba

Quella notte del 25 Dicembre 2006,
un paio d'ore prima della mezzanotte,
una slitta di Babbo Natale con il "logo" della KLM, mi portò il regalo più bello che avessi mai desiderato!

L'arrivo era previsto per le 22.00.

Io smettevo di lavorare verso le 21.00, quindi avevo tempo di prepararmi come si deve.
Una bella rinfrescata e una cena veloce veloce, perchè la maggior parte del tempo la volevo dedicare alla scelta dell'abbigliamento.
Come ho già detto, la mia abilità negli accostamenti lascia alquanto a desiderare ed io ero assolutamente deciso a fare "bella figura"!
In fondo la prima impressione è molto importante.
Anche a scuola, mi ricordo che all'inizio dell'anno mi facevo interrogare sempre per primo,
preparandomi accuratamente, per poi "vivere di rendita" nei restanti 9 mesi.

Il "look" mi sembrava adeguato, avevo fatto tutto nei tempi prestabiliti, anzi avevo un discreto margine di anticipo.

L'aereoporto dista una decina di minuti in macchina e partii comunque, meglio aspettare io, piuttosto che arrivare tardi (sempre per il discorso della "buona impressione").

Trovai parcheggio comodamente (a quell'ora, la notte di Natale, chi volete che ci fosse all'aeroporto?).

Avevo tempo: "Mancano ancora 10 minuti, poi dovrà aspettare le valige"....mi fumai una sigaretta in tranquillità.

Verso le 22.10 entrai, mi diressi al piano degli arrivi e cosa vidi, nell'androne deserto?

Una ragazza, dallo sguardo "allucinato", riversa sulla sua valigia....era Lei...era già arrivata...

Addio "buona impressione", ho fatto la figura del "classico italiano", sempre in ritardo, stereotipo degli stereotipi!!!

L'aereo da Amsterdam era arrivato con mezz'ora di anticipo ed essendo solo in 5 sul volo, le valige erano state consegnate immediatamente, quindi erano "buoni" 40 minuti che aspettava!!!

"Dovrò sudare le fatidiche 7 camice per risollevarmi!!!"

Allargai le braccia per salutarla come si deve.
Rapidissima, si chinò, si infilò lateralmente, evitando accuratamente il benchè minimo contatto fisico e si incamminò verso l'uscita.

Modo di fare "Japanese style" o se l'è presa per il ritardo???

Comunque mi esibii in inchini e "Gomen nasai" (avevo studicchiato qualcosina "nell'attesa della Sua venuta") e durante il tragitto, breve, verso casa l'atmosfera si fece più rilassata.

Era stanchissima, ovviamente, per il lungo viaggio e, soprattutto, per la tensione di condividere 2 mesi con un "quasi" perfetto sconosciuto.....

La stessa cosa si poteva dire di me, ma:
a- il mio sentimento/obiettivo era a tutti ben noto;
b- ho un carattere un po' particolare: non me "ne metto più di tanto", abbastanza menefreghista, se vogliamo. Sicuramente non è un vanto, non è una qualità, anzi, però mi ha permesso e mi permette di superare gli "scogli della vita" con una certa "leggerezza";
c- sono italiano, in Italia, a casa mia.-


"Ti vuoi rinfrescare? Vuoi fare un bagno?"
"Se non è troppo disturbo.... farei volentieri una doccia..."
"Fai come se fossi a casa tua!"

Premetto che non ho una vera e propria doccia, ho la classica vasca da bagno, con flessiblie e doccetta annessa.

Il bagno, in Giappone (ora lo so) consta di una vasca da bagno, in cui ci si immerge da puliti, per rilassarsi, mentre ci si lava fuori, con una doccia, in piedi o (meglio) seduti su un "panchetto".
A pavimento c'è lo scarico per l'acqua, un po' come le docce nelle case al mare degli anni '70, per intenderci.

Dopo una "sana" mezz'ora di acqua corrente, si aprì la porta e mi apparve la "Venere del Botticelli".

No, non era nuda e neppure così "in carne".
Non c'era neppure la conchiglia.....insomma, mi si parò davanti la "creatura" più perfetta su questa Terra, ma il mio sguardo si perse immancabilmente sulle 4 dita d'acqua che "scorrevano" sul pavimento.
Gocciolava un po' anche il soffitto....

"Scusa, ho fatto un po' di bagnato, ma... come si fa?"

Cercando di stare tranquillo (sono un puntiglioso, maniaco dell'ordine e della pulizia), con un sorriso plastificato la cui falsità sarebbe stata palese persino ad un cieco, nel tentativo di bloccare un "tic nervoso" all'occhio sinistro, con voce tremolante:

"Non c'è problema, si asciuga. Piuttosto, di solito, noi riempiamo la vasca di acqua e ci laviamo dentro."

"Ma poi l'acqua si sporca, che schifo!"


Non so ancora bene quale sia il metodo giusto, però adesso la vasca è stata dotata di tenda per doccia, nonchè di paratie laterali in plexiglass ben siliconate, a prova di "Venere".-

lunedì 19 luglio 2010

Shiriai ni naru

Avevo pianificato di stare un paio di giorni ad Osaka e un paio di giorni a Kyoto, poi sarei andato ad Okinawa tre giorni e di nuovo Osaka, per ritornare in Italia.

Ma non avevo pianificato di innamorarmi...

E così il soggiorno a Kyoto viene sostituito da un "mordi e fuggi" in giornata (addirittura pioveva e alla fine ho visitato solo Kimizu-dera, un po' di rimpianto perché è una città meravigliosa, piena di cose da vedere, ma non sapevo ancora che di tempo ne avrei avuto tanto per visitarla tutta...).
Purtroppo Okinawa non poteva essere annullato, perché avevo già prenotato volo e alloggio dall' Italia (e addirittura già pagato).
Purtroppo in tutti i sensi perché ad Okinawa, pur essendo ottobre faceva un caldo assurdo, la sistemazione lasciava alquanto a desiderare e non avendo i soldi per un tour "ad hoc" per godere le bellezze naturali dell'isola, ho girovagato come un pazzo sotto il sole cocente e la mente sempre rivolta verso nord/nord-est, cioè ad Osaka!

Ma quelle cinque notti passate ad Osaka hanno gettato il seme di un amore!

Durante il giorno facevo un po' di turismo, in realtà cercavo di far passare il tempo il più velocemente possibile, perché solo dopo le dieci di sera ci potevamo incontrare!
Lei faceva l'attrice, una compagnia teatrale non famosissima, ma dignitosa.
In quel periodo stavano preparando uno spettacolo e quindi ogni giorno le prove finivano verso le dieci.
Con la scusa che c'era il "suo amico italiano" in città era "esonerata" dal "dopo prove" (e cioè andare tutti insieme ad un locale fino al mattino a parlare dello spettacolo bevendo ed "uccidendosi" un po' alla volta, quotidianamente).
La vita degli attori è un po' "squilibrata" anche qui in Italia, penso, ma in Giappone è sicuramente assurda!
Ma non solo gli attori, in generale ogni ambiente lavorativo ha i suoi "rituali".
In generale l'individuo giapponese non esiste in sè, è comunque parte di una comunità.
Il classico impiegato, il colletto bianco che qui viene chiamato "Salary-man" ( anzi サラリーマン), una volta terminato l'orario di lavoro, non va a casa, non sta con la propria famiglia.
Va all'izakaya (un po' come una nostra osteria) con i colleghi e magari il capo, fino a notte fonda, tutte le sere. E il giorno di riposo ha la partita a golf, col capo e/o i colleghi e magari lui il golf lo odia, ma non può esimersi da questo rituale, pena l'esclusione dal gruppo, con pesanti ripercussioni sulle sue velleità di carriera, ripercussioni parallele sulla "popolarità" della moglie nel "club delle mogli" e dei figli a scuola... Insomma un vero e proprio "suicidio sociale"!!!


Allora dicevo che "grazie a me" poteva "saltare" il rito del "dopo prove".
Ma comunque andavamo in un locale, comunque stavamo fino al mattino. Ma era più divertente (spero.....).
Parlavamo in inglese, in fondo era per questo che ci eravamo conosciuti, no?
Io avevo con me un mini dizionario di giapponese, assolutamente inadeguato.
Lei ne aveva uno ottimo giapponese-inglese.
Mancava ahimè l'inglese-italiano!!!
Ma io non avevo forse fatto il corso intensivo (si fa per dire)???
Ero presuntuosamente convinto di parlare piuttosto bene l'inglese, ma mi resi conto ben presto delle mie lacune.
Grammaticalmente me la cavavo, ma il mio vocabolario era decisamente scarno.
Questa ragazza, che si autoproclamava "alle prime armi" ne sapeva alquanto più di me!
Anche la sua pronuncia era ottima, sicuramente molto americana, ma ottima.
Il mio "British-bolognese" mi faceva quasi vergognare...
La sua modestia mi affascinava:
"Non so parlare bene, tu parli molto meglio di me"
Mi stava lusingando?
Lo pensava veramente?
O mi stava semplicemente e sottilmente "sfottendo"?
No (e l'ho capito in seguito e giorno dopo giorno sempre mi affascina) Lei era così: un cuore puro, di una semplicità ed un candore mai conosciuti prima.
Le serate volavano, parlando delle nostre vite, dalla piccola sciocchezza al "tema esistenziale".
Mi piaceva un sacco parlare con Lei.
Sapeva ascoltare e al momento giusto, dare il suo contributo speciale, per enfatizzare o sdrammatizzare questo o quell'argomento e rendere il tutto più armonioso, più piacevole.
Aveva un talento speciale.

Ogni volta al momento di congedarci, ci salutavamo con un inchino, ad un buon metro di distanza. A parte la prima volta, quando mi sorprese con un doppio bacio sulle guance, saluto in stile italiano, i nostri corpi non si avvicinarono mai, neppure per stringersi la mano.
Questa cosa al tempo stesso mi "shoccava" ed affascinava in maniera via via esponenziale.
Durante la serata mi scavavo virtualmente una fossa, ogni volta più profonda, e vi scendevo impantanandomi senza via di uscita.
Al rientro in albergo, strisciavo i piedi da quanto ero impantanato
(e non era colpa del vino).
Non capivo se potesse anche solo minimamente essere interessata a me per qualcosa di più che un semplice amico.
Da parte mia era fin troppo chiaro ed evidente quale fosse il mio sentimento.
Ma Lei non mi ha mai ( e ripeto mai!) né incentivato, né demotivato.
Imperscrutabile, imparziale, assolutamente affascinante!!!
Ed io ero sempre più impantanato!

All'ultima sera, prima della partenza, mi butto:
"O la va o la spacca"

"Se ti va di fare un viaggio in Italia, se vuoi venire a trovarmi, io il posto per ospitarti ce l'ho..."
"Mah, non so... Non vorrei approfittare, non vorrei illuderti, non vorrei illudermi... Boh? Chissà!!!"

E sono partito, lasciando il cuore davanti all'ingresso dell'hotel a Osaka, su quella frase mormorata, che voleva dire tutto e niente.
Con l'immagine di quel sorriso impresso nella retina, quell'inchino elegante, quel profumo di sakura
(so che eravamo ad ottobre ma i momiji sono meno romantici e molto meno profumati).

L'eco della voce di Eijiro era un po' troppo insistente, ma soprattutto mi sprigionava un mix di nostalgie da mal di testa.

Era veramente difficile restare concentrati sul lavoro, per fortuna sugli autobus a Bologna c'è il "pilota automatico" (ci credete???)


E poi quel giorno arriva un mail:
"Ciao, come stai? Tutto bene?
Pensavo che sarebbe bello venire a trovarti, è ancora valido l'invito? Se per te non è un problema io mi fermerei due mesi! Arriverei la notte del 25 Dicembre... E' ok???"

"Ok?!? Ok!!!!!!"

Ma allora Babbo Natale esiste!!!





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domenica 4 luglio 2010

Junbi

Uno degli aspetti positivi di essere un tranviere è quello di poter chiedere le ferie in qualsiasi periodo dell'anno.
Ebbene sì, sono un "conducente di linea" presso la locale Azienda di Trasporti Pubblici.
L'organigramma aziendale ci identifica con la voce "Personale Viaggiante" e infatti a noi piace viaggiare!
E per viaggiare è sicuramente più indicato un periodo di "bassa stagione".
L'Azienda stessa è ben lieta di farti consumare più ferie possibile nei periodi "morti".
Avevo avanzato l'idea che l'Azienda, per incentivare questa tendenza e decongestionare i periodi "caldi" , offrisse "sconti" o "Last minute" tipo "3x2" (ti fai 3 settimane di ferie in Novembre, ma te ne contiamo solo 2), ma non hanno neppure preso in considerazione la cosa...
Sta di fatto peró, che quando chiedo un mese di ferie in Ottobre o Novembre, me lo garantiscono immediatamente e senza problemi.
Nel 2006, in Ottobre appunto, mi decisi finalmente a fare quel mancato viaggio!

Ma che vedere di bello?
Come muoversi in un paese tanto diverso dal nostro?
Ovviamente mi procurai alcune guide e sulla base dei loro suggerimenti, cominciai a tracciare una sorta di itinerario di viaggio.
Su Internet cercai di approfondire e migliorare il tutto, per ottimizzare al massimo la vacanza, quel viaggio che aspettavo da tanto e che chissà se avrei potuto ripetere.
Dovevo sfruttare al massimo le risorse a mia disposizione!

Una sera, un paio di mesi prima della partenza, il caro Google mi evidenzió come risultato della mia ricerca una "chat" dal nome accattivante, una sorta di "amici in Giappone".
Non sono mai stato troppo propenso a questo genere di interazione, preferisco il reale al virtuale.
Ma il Giappone non è forse terra di tecnologie?
"Ma sì" pensai, "in fondo che male può fare?"
Qualche "smile" ricevuto, tanti mandati, qualche mail identificata come "spam" e prontamente cestinata, questa cosa della "chat" in fondo era anche divertente.
La sera, dopo cena, passare un'oretta tra le varie "richieste d'amicizia" era quasi rilassante.

Poi il destino ha voluto che il mio occhio si posasse su un'immagine.
"On-line", nickname spagnoleggiante, vuole migliorare il proprio inglese:
Grande! Ho fatto il corso intensivo (si fa per dire).....al massimo comunicheremo in spagnolo!

La foto a dire la verità non non mi "emozionava" particolarmente, però mi divertì quella "chiacchierata virtuale".
Ci scambiammo addirittura l'indirizzo e-mail e nelle settimane successive ci scrivemmo direttamente 4/5 volte.
"Simpatica" pensai.
"In Giappone potremmo incontrarci, per fare quattro chiacchiere (questa volta reali) se ti va..."
"Ok, però mi dispiace se rimarrai deluso, io sono molto fotogenica, in realtà non sono carina"
"Non ti preoccupare (è l'ultimo dei miei pensieri)"
Che strano, si preoccupa di non piacermi, eppure è chiaro che nessuno dei due sta cercando un appuntamento...carina però..."

Quella sera, ad Osaka (viveva lì in quel periodo, per lavoro) fu un fulmine a ciel sereno.

Appuntamento alle 22, nella hall dell'albergo (un business hotel) in cui alloggiavo.
Mi preparo per tempo, deciso comunque a fare bella figura.
Non so di preciso quante volte mi cambiai per trovare il giusto abbinamento tra le francamente poche cose che avevo portato con me (gli accostamenti non sono mai stati il mio forte).
Comunque decisi per quello che mi sembrava il "meno peggio" e scesi.
Qualche minuto di attesa, sotto lo sguardo incuriosito del portiere, quando notai, fuori della vetrata, una moto che si fermava, parcheggiava.
Era una donna, lunghi capelli castani uscivano da sotto il casco.
Fisico snello, atletico, jeans attillati, a vita bassa e magliettina.
"Bel look" pensai.

Poi accadde.
Un attimo vissuto al rallentatore, il tempo intorno a me si era fermato (o comunque andava molto più piano del normale).
Le orecchie mi ronzavano, una musica rock mi risuonava nella testa e l'eco della voce di Eijiro si aprì un varco, tra la moltitudine dei ricordi, spianando le asperità e le vicissitudini della vita.
Un caterpillar, un rullo compressore che schiacciava e spazzava via tutto il mio passato.
Mi ritrovai bambino, timido, impacciato, senza difese.
Quell'attimo interminabile in cui si tolse il casco e ondeggiò la testa per sistemare i lunghi, meravigliosi, tanti capelli si fissò per sempre nella mia mente.
Un marchio indelebile.
Rapido ed invisibile, uno strale di Cupido, un colpo di fucile, una bomba in un laghetto....pensatela come vi pare,
in quel preciso istante, il mio cuore cominciò a battere ad un ritmo diverso: ero PERDUTAMENTE INNAMORATO!!!



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venerdì 2 luglio 2010

Mukashi mukashi ....

Non ricordo a che età sia nato in me l'interesse per il Giappone.
Cresciuto a "Pane e cartoni animati", negli anni 7o/80 era il boom di "Anime" (per me comunque restano "cartoni animati") di robot: da Goldrake, Mazinga, Gig robot d'acciaio (mi faceva impazzire) fino al più recente Gundam.
Ma anche Hurricane Polimar (era il mio cartone preferito, "sapevo" la sigla a memoria, quella originale, non erano ancora i tempi delle varie Cristine D'Avena e io cantavo quello che capivo, o mi sembrava di capire...una sorta di celentanesca "Prisencolinensinainciusol", all right?!?).
E poi Heidi (avevo anche l'album delle figurine, mai completato), ma non immaginavo neanche lontanamente che fosse scaturita dalla mano di quel genio dell'animazione che è Hayao Miyazaki,
per l'appunto, giapponese!
Passano gli anni, l'adolescenza, le scuole superiori (sono Perito Agrario) e mi avvicino al mondo dei Bonsai.
Ne "colleziono" qualche decina, perfettamente disposti in terrazza, per la gioia di mia madre che non ha più posto dove stendere il bucato.
Compro riviste, mi unisco ad un'associazione, faccio qualche corso...mi piace davvero come hobby!
Ma è nel 1993, a Londra, durante un corso intensivo (si fà per dire) di inglese sponsorizzato dall'Azienda per cui lavoravo, che ho il primo vero contatto con i "Nihonjin".
I Giapponesi...alieni....li avevo visti in televisione, a volte se ne incontravano gruppi in giro per Bologna, tutti rigorosamente in fila che seguivano uno (o una) con una bandiera in mano, tutti con la macchina fotografica e tutti con lo stesso cappellino stile pescatore in testa.
Tutti uguali, o almeno così apparivano ai miei occhi inesperti.
Invece, in quella classe, a Londra, nel '93, ho capito che sono come noi.
Be', non proprio COME noi, però simili: non sono tutti uguali, non si muovono in branchi (all'uscita del metrò sì, però non c'è quella con la bandiera davanti), non indossano tutti lo stesso cappellino da pescatore, però hanno la macchina fotografica.
In quella classe, a Londra, nel '93, oltre ad un nutrito gruppo di spagnoli/e, una turca (che non era per niente un cesso), un cipriota, un tedesco e uno svizzero, c' erano anche 5 (dico ben cinque) giapponesi.
Dopo la giornata di lezione, il gruppo usciva insieme.
E insieme camminava per le "streets" della "City".
Tedesco e svizzero due metri avanti, con passo marziale, spagnoli, italiano (io), turca e cipriota per ultimi e giapponesi in mezzo, che trotterellavano un po' avanti e un po' indietro per uniformare il gruppo e dare "un colpo al cerchio e uno alla botte".
"Forteeee!" pensavo.
"Mediterranean people always walks slowly" diceva incessantemente il cipriota (forse è l'unica cosa di inglese che ha imparato in 15 gg. di corso).
E il gruppo si fermava in un pub, e beveva.
I giapponesi bevevano di brutto!
"Fortiiiii!" pensavo.
E il cipriota si ubriacava come una bestia.
Anche gli spagnoli ci davano dentro con l'alcol, però "tenevano botta" bene, si vede che ce l'hanno nel DNA.
Gli spagnoli erano molto socevoli e all'uscita del pub non erano saturi, così ci invitavano nella loro camera d'albergo per continuare il "festino".
Un po' premeditato, secondo me, perchè c'era già una "vasca" di sangria pronta per essere bevuta.
Il cipriota crollava squassando letteralmente la camera (era 1 metro e 90 per un quintale e mezzo abbondante) e cominciava a russare come un cinghiale.
I giapponesi ridevano come matti e le ragazze (erano 3 dei 5) si mettevano la mano davanti alla bocca con un fare elegante.
"Fortissimeeee!" pensavo.
Alla fine stendevamo i materassi a terra e dormivamo tutti nella camera degli spagnoli,
ma forse gli unici che dormivano bene erano i giapponesi, perchè erano abituati a dormire in terra....ah, anche il cipriota dormiva alla grande e anzi, era più scomodo il suo "russìo" che il dormire in terra (in futuro mi sarei abituato ad entrambe le cose, ma ancora non lo sapevo).

E il gruppo andava anche a mangiare sushi al ristorante giapponese carissimo!
I giapponesi ordinavano per tutti (anche perchè il menù era esclusivamente in kanji), e le ragazze si premuravano che il nostro bicchiere non fosse mai vuoto, ci porgevano le ciotoline, ci seguivano passo passo.
"Forterrimeeee!" pensavo.
"You must marry a Japanese woman" diceva il mio amico Eijiro.

L'ho sentito qualche anno fa: ha indovinato sei numeri alla lotteria negli Stati Uniti e fà la vita del "nababbo"!!!

Alla fine dei 15 giorni di corso intensivo (si fà per dire) parlavo molto meglio lo spagnolo che l'inglese, avevo mal di schiena a forza di dormire in terra, un principio di cirrosi, ma un interesse smodato per i giapponesi (a dire il vero più per LE giapponesi).

Pochi mesi dopo: OCCASIONISSIMA!

L' Associazione "bonsaistica" organizza un tour in Giappone (a un prezzo non proprio modico, ma pur sempre un' opportunità che non capita spesso).

Impegni di lavoro mi impediscono di partecipare......"You must marry a Japanese woman, you must marry a Japanese woman".....

Il tempo passa, i bonsai si seccano, cambio lavoro e la voce di Eijiro nella mia testa smette di riecheggiare.

13 anni dopo, una vita in mezzo, quel mancato viaggio mi torna in mente, ma l' eco non c'è più!

"Nessuna woman" penso, "Nemmeno Japanese!!!"



Però.......






mercoledì 30 giugno 2010

Allora....si comincia!


Salve a tutti,

innanzitutto: quale sarà il tema di questo blog???

Be', il titolo è un buon indizio......

Vi aiuterò!

Correva l'anno 2006, quando il nostro eroe,
in un Ottobre particolarmente "caldo",
decise di regalarsi la tanto agognata "vacanza".

Un bel viaggio in terra nipponica!

Terra di Samurai,
di antiche tradizioni, di eccessi tecnologici,
di Soli Levanti...

Mi ha sempre affascinato questa terra,
così distante (in tutti i sensi),

volevo vedere direttamente, toccare con mano

questo mito:

il Giappone.


Allora?

Avete capito di cosa parlerò???


Sì, di Giappone....ma CHE Giappone?

Vi racconterò il MIO Giappone,

quello che mi sono portato a casa!

Sì, perchè in quella memorabile vacanza ho conosciuto quella che,
dopo un paio di anni,
sarebbe diventata la mia "dolce metà".

Ai mei amici dico sempre:

"Non sapevo decidermi su che souvenir portarmi a casa...."


La realtà è che mi sono innamorato di lei appena l'ho vista arrivare
(ma questo sarà oggetto di un futuro intervento).

Allora, capito di cosa si parla???

Esatto!

Italia-Giappone:
culture, tradizioni, retaggi sociali a confronto....

.....con punto di contatto:


l'Amore!