domenica 29 agosto 2010

Anzenunten

"Che fortuna! Guarda, un posto proprio lì!"
"Ci sta??"
"Oi..." (intercalare tipico bolognese per dire "Certo!")
Mi affianco, retro e Zack! Una manovra!
"Wow!!! Guidi benissimo!"
"Grazie, ma ci stava tranquillamente...."
"No no, davvero, guidi benissimo!"
A parte che guidare è il mio mestiere, sono ormai più di due lustri che porto in giro per Bologna una "bestiola" lunga 18 metri, quindi quando sono in macchina mi sembra di avere un triciclo.
"Voi italiani guidate tutti bene!"
Su questa affermazione avrei qualcosa da ridire, però...
"Stamattina guardavo dalla finestra un furgone che è entrato in retromarcia nel cancello di fronte e le macchine sulla strada passavano alternativamente senza che nessuno facesse fare manovra...e non è successo un incidente!"
"Be'...non mi sembra così strano...è abbastanza normale no?"

Ripensandoci... abbastanza normale qui in Italia!
Infatti ricordo che la prima volta in Giappone ho assistito, esterrefatto, ad una scena simile, ma...
In una strada assolutamente deserta, un ragazzo doveva uscire con la sua auto, in retromarcia, da un passo privato. Mentre un suo amico fermava il traffico (fermava il nulla, perché non c'era nessuno nel raggio di chilometri), un altro gli faceva fare manovra. L'operazione ha richiesto 10 minuti buoni (nel frattempo era sopraggiunta, a velocità da lumaca, un'autovettura, così l'amico "vigile" non era stato vano). Non potevo credere ai miei occhi, ero così spazientito che mi sono a stento trattenuto dal dire "Dai, scendi che ti faccio manovra io!"

La verità è che i giapponesi eccedono in zelo.
Hanno un'attenzione smodata per ciò che riguarda la sicurezza, rasentando spesso il ridicolo (per noi).
Se si pensa che le autoscuole hanno circuiti privati dove gli allievi fanno "pratica" in tutta tranquillità, ci credo che una volta patentati e scaraventati nella bolgia del traffico nipponico, possano soffrire di inadeguatezza.
"Ma in Italia si fa scuola guida in strada? Da subito?"
"Oi!!!! Pensa che il mio istruttore, se ti vedeva un po' timoroso, ti portava subito in tangenziale, così ti sbloccavi per forza!"
"Pericolooooso!!!"
Effettivamente era un pochino incosciente, però funzionava, eccome!

"Mi piacerebbe portare la mia moto qui, però adesso mi è venuta un po' di paura..."
Sinceramente anch'io starei molto in apprensione sapendoLa in giro per la città, in moto!

In Giappone abbiamo fatto dei bei giretti in moto e devo ammettere che, una volta partita, è davvero in gamba.
Il più è immettersi nel traffico (e quello giapponese non è neanche lontanamente paragonabile a quello nostrano: è sì una marea, ma assolutamente omogenea ed uniforme, continua, perpetua, fluida, armoniosa...va be' sto esagerando, è che 10 automobilisti italiani producono più caos di 1000 giapponesi, forse).
Comunque dicevo, il più è partire.
Casco ben allacciato, luci accese anche di giorno, ci "affacciamo" su una strada a quattro corsie per senso di marcia, un rettilineo chilometrico, visibilità ottima, le giuste condizioni di temperatura e umidità, cielo sereno, fondo stradale in perfette condizioni....
Passano i secondi....
"Che c'è?"
"Arriva una macchina!"
"Dove?"
"Laggiù, non vedi?"

Un puntino all'orizzonte, poteva essere qualsiasi cosa, anche un albero...

"Secondo me ce la facciamo a passare tranquillamente, a meno che non stiano girando il sequel di Fast and Furious a Kyoto...secondo me è un anziano con la goccia..."
"Uff...non mettermi fretta! E poi non è una goccia, è una foglia!"
Per chi non è mai stato in Giappone (e per chi c'è stato ma non ci ha fatto caso), spiegherò che, sempre per via di quell'amore smodato per la sicurezza, è uso comune porre un adesivo a forma di foglia (?) verde bicolore per i principianti
(sono ancora acerbi) e bicolore marrone per gli anziani (sono già....secchi?).
Io sono più propenso a ritenere che sia una goccia, avete presente i personaggi dei manga, quando sono a disagio, imbarazzati, che hanno sempre una goccina di sudore sulla fronte?
Ecco, sembra che le automobili pensino: "Scusate, il mio proprietario non è troppo abile, abbiate pazienza, non è colpa sua, sta facendo del suo meglio..."

Insomma partiamo, mi sembra un po' rigida, subito una gran "sfrizionata".
"Scusa, è che non ho mai caricato nessuno, se dovessimo cadere o fare un incidente non me lo perdonerei mai!! Con te poi... Non voglio che ti succeda nulla!!!"
"Devo tornare in metro??? Dai, tranquilla che stai andando benissimo!!!"
A dire la verità quella era la seconda volta che andavo in moto e la prima era stata un'esperienza allucinante, caricato da un amico folle che guidava come un Valentino Rossi ubriaco.
Cercavo di dissimulare il mio nervosismo.
Però strada facendo, la sua guida si faceva sempre più sicura, cambiate perfette, staccate al momento giusto, perfino qualche "piega" (in tutta sicurezza, ovviamente).
Se alla partenza mi aggrappavo rigidamente al sostegno posteriore della sella, con la schiena quasi dritta, senza assecondare i movimenti della moto (e facendoLe fare il doppio della fatica), via via che la strada scorreva liscia sotto di noi sentivo crescere in me una grande fiducia nelle sue abilità di centauro.
La mia schiena si fece più rilassata, le mie mani lasciarono il freddo metallo del portapacchi per adagiarsi dolcemente sui suoi caldi fianchi.
Diventammo un tutt'uno: io, Lei e la moto.
Divoravamo la strada, non pensavo a nulla.
I suoi lunghi cappelli, da sotto il casco mi sferzavano il viso, il suo profumo mi inebriava.
Zigzagando tra le macchine in corsa, sognavo ad occhi aperti, un viaggio per il Giappone in moto con Lei, il tramonto all'orizzonte sulla Route 66, il passo della Raticosa, il sole a mezzanotte a Capo Nord....

"Brummmm"

"Ecco...arrivati!"
"Giàaaa???"

Non ho mai avuto la passione per la moto, ma da quella volta, ogni giorno, andando al lavoro, mi soffermo sempre a guardare la vetrina di un concessionario "Triumph", con occhi sognanti, rivivendo, quotidianamente, anche se solo per pochi secondi, quell'emozione, quel soffio di vita, quel battito di cuore che Lei mi ha saputo regalare!






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sabato 28 agosto 2010

DIY

In italiano si dice "Fai da te", diretta traduzione dell'inglese "Do it Yourself".
In giapponese? Uguale, ma abbreviato (ovviamente): "DIY".

Non posso dire di avere una passione per quest'hobby, infatti tendo a rimandare il più possibile ogni piccola riparazione fino al momento in cui si rende assolutamente necessaria (suscitando le ire di mio padre, il quale è, come diciamo a Bologna, un gran "ciappinatore").
Ma anche tutto ciò che non è pura e semplice manutenzione (o riparazione appunto), non suscita in me un grande entusiasmo.
Alla mia dolce metà, invece, queste cose piacciono molto!
Dotata di ottima manualità e gusto, è sempre alla ricerca di "qualcosa di carino", coinvolgendomi in nuove "avventure".
Ma mentre Lei è metodica, paziente, organizzativa, io sono assolutamente impreciso e soprattutto poco paziente!
Vorrei aver finito prima ancora di cominciare!!
Anche se, a lavoro ultimato, il risultato è soddisfacente (almeno fino ad ora lo è stato) e provo anzi un certo orgoglio nel pensare di "averlo fatto noi", il periodo che intercorre tra il momento in cui Lei prende le misure e la fine del lavoro, viene vissuto da me con un certa angoscia, come un supplizio a cui non è dato sottrarmi.
Lo è stato con i mobiletti del bagno di servizio (e alla fine ero talmente contento di come erano venuti, grazie anche alle Sue personalizzazioni, che passavo più tempo in bagno che in sala, avrei voluto trasferimici...), lo è stato con lo scaffale affianco alla "postazione informatica" ed anche in Giappone, quando ho montato i corrimano per le scale di accesso all'appartamento di mami-chan.

Durante queste "avventure" sprigiono la quintessenza della mia italianità latente.
Che immancabilmente si scontra con la Sua (evidente) giapponesità!

Si comincia con le misure:
Lei carta e penna alla mano ed io con il metro
"Hai controllato bene?"
"Sì, stai tranquilla"
Preparato uno schizzo (tridimensionale e perfettamente quotato, in stile architettonico), partiamo alla volta di "Castorama" (o altre catene specializzate in hobbistica).
E' incredibile quanti "ciappinatori" ci siano a Bologna, perché questi negozi sono sempre pieni di gente, a qualsiasi ora!
E già un'impercettibile nota di irritazione si dipinge sul mio volto...
"Dai, stai tranquillo, abbiamo tempo, è il tuo giorno di riposo..."
"Appunto..."
Comunque l'importante è stare insieme, non importa dove (anche se avrei preferito evitare la bolgia delle casse...).

Ma il bello viene nel momento in cui mi accingo a "produrre"!!!
Siccome la mia cassetta degli attrezzi non è propriamente quella di un professionista, utilizzo ciò che ho a disposizione.
E se quello che ho non è esattamente ciò che mi serve, lo adatto, avvalendomi spesso di escamotage non sempre ortodossi.
Questa cosa non rientra propriamente nei Suoi canoni, però cerca di fare "buon viso a cattivo gioco", come si suol dire.
Infatti spesso si assenta,
"Ti lascio lavorare in pace"
ma in realtà, credo, la mia procedura urta un po' la sua "sensibile integrità".
Ovviamente le cose non vanno mai per il verso giusto ed ad ogni mia imprecazione o borbottio, sono sicuro che Lei, in cuor suo, maledica il momento in cui mi ha "proposto" il lavoretto.
Il risultato però soddisfa sempre entrambi, perché, alla fine, l'apparenza è buona (e solo io so come è stata ottenuta) e l'oggetto è funzionale.

Anche in Giappone, dicevo prima, ho prestato le mie "manine d'oro" per montare dei corrimano alle scale, in modo da agevolarne la salita.

Per prima cosa le misure, ora lo posso ammettere, sono andato "a occhio".
Poi, presso il "Castorama" locale, la scelta dell'attrezzatura
"Direi che questi vanno bene..."
"Come diresti??? Non hai preso le misure bene?"
"Sìsì...questi sono assolutamente ciò che ci serve!"

Si comincia!
Mami-chan trotterellava dentro e fuori, documentando fotograficamente l'evento.
Faccio i segni per i fori, faccio i fori per le viti, metto i tasselli nel muro, monto il primo corrim...
" 'Azz' !!!" Ho sbagliato due fori, non riesco a montarlo!
"Atsui desu ne?" (caldo vero?) Mami-chan esce con un bicchier d'acqua e un asciugamano.
Fortunatamente la fonetica mi ha salvato e la mia imprecazione è stata scambiata per una normale esclamazione: i giapponesi si lamentano sempre per il caldo (ed infatti stavo sudando come un animale da pelliccia in piena estate!)
Anche Lei si affaccia "Tutto bene?"
"Ssssìsì...solo un gran caldo..."
"Riposati un po', vieni dentro"
"Nono... voglio finire!"
Per fortuna i muri delle case giapponesi, grazie ai criteri antisismici, non sono duri come quelli italiani.
Allargati i buchi, sistemati i tasselli, messi in pressione usando come spessore dei pezzetti di plastica trovati non so dove...insomma, sembrava funzionare.
Risultato estetico: ottimo!
Mi attacco di peso, non voglio che qualcuno si faccia male per una mia negligenza...
Tiene, perfettamente!

Sono passati 2 anni e i corrimano sono sempre là, fedeli assistenti di stanche membra!

Rimango della mia idea:
Non importa come, importa ciò che ottieni!

"Chi fa da sé fa per tre", ma se fossero gli altri due a farlo sarebbe meno faticoso, no?



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giovedì 26 agosto 2010

Seiri suru

A me piace l'ordine!
A casa, tutto deve essere perfettamente sistemato e disposto secondo un ordine ben preciso.
Questa mia pignoleria forse è un retaggio familiare.
Mia nonna, ora 82enne, in una forma splendida, ancora oggi passa le giornate pulendo e sistemando casa (e preparando manicaretti da mille e una notte, ma questo è un altro discorso).

Ricordo bene le domeniche mattina quando, da bambino, il mio compito era di passare la lucidatrice.
A casa dei miei genitori, il pavimento in marmo, da 40 anni, viene settimanalmente lucidato a cera.
I miei, per responsabilizzarmi, avevano stabilito che fosse compito mio tirare a lucido con la macchina, ogni sacrosanta domenica mattina.
La cosa, a dire il vero, non mi turbava affatto, anzi, era per me un vero divertimento.
Mi piaceva il suono della lucidatrice, il moto altalenante della mia mano produceva armonie ronzanti (e quasi oniriche).
Spesso mi dovevano fermare: "Basta, ora più che tirarla, la stai togliendo, la cera!"
Forse da queste reminiscenze è venuta la mia passione per l'aspirapolvere.
Ogni mattina, devo, assolutamente, passare l'aspirapolvere per tutto l'appartamento...
...con somma gioia della mia dolce metà (infatti, Lei, non ha un buon rapporto con questo elettrodomestico: ogni volta che lo usa salta la corrente...in realtà il cavo è un po' difettoso ed io lo sistemo sempre un po' troppo approssimativamente, ma io voglio pensare che la mia fedelissima desideri, nel suo piccolo, essere usata solo da me).

Comunque, dicevo, tutto deve essere in ordine!
Tutto deve essere pulito, non ci deve essere un capello a terra e se c'è, sicuramente non è mio!
(ad uso esclusivo di chi non mi conosce personalmente, preciso che la mia testa è sì tatuata, ma ahimè, liscia come una palla da bowling).

A dire la verità, riconosco di essere un vero "maniaco", sfociando spesso nell'esagerazione.
I cassetti devono essere tutti perfettamente chiusi, i libri sugli scaffali allineati, i soprammobili disposti in una certa maniera, persino gli interruttori della luce hanno un ordine.
Prima di uscire (o di andare a letto) faccio un giro di "accendi e spegni" in modo da disporli nel "senso giusto".
Purtroppo in sala i 3 interruttori che comandano i 2 punti luce non possono essere allineati come vorrei e questo mi fa impazzire, ho addirittura pensato di chiamare un elettricista per cercare di risolvere la questione, ma un po' il fatto di dovere pagare per una simile sciocchezza e un po' (soprattutto) la vergogna di dovere esibire queste mie insulse manie, mi hanno fatto desistere e a tutt'oggi mi ritiro mestamente nelle mie stanze con questo cruccio.

Sì va bene, direte Voi, abbiamo capito, ma....che c'entra tutto ciò con la giapponese per casa???

Arrivo al dunque!

Durante il Suo primo soggiorno a casa mia (allora era solo mia), forse per dare una mano, forse per ricambiare l'ospitalità, si mise a sistemare e pulire durante la mia assenza.

Devo ammettere che il mio amore per l'ordine si limita a ciò che l'occhio vede.
I cassetti sono perfettamente allineati, ma dentro c'è un mondo a parte!
Anche negli armadi, i vestiti sono piegati e appesi alle grucce, ma non c'è un ordine logico: in sostanza, dove c'è spazio io metto!

Giustamente, Lei decise che era ora di ovviare a questa mia mancanza!

E quella sera, tornato dal lavoro, accolto dal consueto e sorridente "Okaeri", ebbi la magnifica sorpresa.
Tolte le scarpe, feci per riporle nel ripostiglio adiacente al piccolo bagno di servizio, quando, con voce suadente, Lei disse:
"Scusa, ho sistemato un po'... non è che non fosse in ordine, ma così è meglio, non trovi?"
Sembrava un paradiso: prodotti per le pulizie perfettamente riposti, spazzole, piumini per la polvere appesi a gancetti fatti su misura, ognuno della giusta lunghezza, in modo da essere presi tranquillamente senza dover traslocare mezzo sgabuzzino.
Persino i sacchetti di plastica, che dopo ogni spesa io appallottolavo e conservavo per ogni evenienza (che non "eveniva" mai) in una scatola di cartone, erano stati ripiegati e ridotti ai minimi termini (occupando così un decimo dello spazio) e riorganizzati per tipologia, materiale e addirittura livello cromatico.
Mi sono sentito un principiante!!!

"Scusa, posso vedere una cosa?"
Mi precipitai in camera da letto e aperto a caso un cassetto del "settimanale" che avevo riservato a Lei vidi che aveva sistemato tutta la sua roba in modo esemplare, in pochi cassetti aveva riposto più di quanto io tenessi in un armadio a quattro ante!
Era la donna per me, non potevo lasciarmela sfuggire.
Per lo meno dovevo carpire i segreti della sua capacità di organizzazione.

E da quel momento, la gestione della casa (e non solo di quella), ciò che era per me un vanto ed un onore, è diventato esclusivo appannaggio della Sua incredibile abilità....aspirapolvere a parte!




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venerdì 20 agosto 2010

Motenashi

Per i giapponesi l'ospitalità è sacra!

In Kansai, dove la gente è di indole più cordiale, più "calda", un po' meno formale (rispetto alla media nazionale, ovviamente) l'ospitalità rasenta l'esagerazione.
Volendo fare un paragone, potremmo dire che i "kansai-jin" rappresentano il corrispettivo dei nostri partenopei ( o meridionali in generale).

Per questo, ogni mio soggiorno nipponico è costellato di appuntamenti.
Lungi dall'essere un "dovere", l'ospitalità di amici, parenti e vicini vari, influisce seriamente, a fine vacanza, sul mio "peso forma"!!!

Ma veniamo per gradi.

Durante il mio primo viaggio da "fidanzato ufficiale", l'accoglienza di quella che sarebbe diventata la mia famiglia adottiva, mi ha letteralmente sbalordito!
Passi per le abbondanti cene in casa e fuori ( per farmi gustare le varie specialità ), tutte rigorosamente offerte, ma addirittura i divertimenti...

Karaoke? Locale notturno? Tutto pagato!
Perfino le tessere della metropolitana e le sigarette!!! Mi sentivo quasi in imbarazzo, non volevo approfittare così tanto.

"Non deve pagare MAI!!!" diceva il mio futuro cognato (o "aniki" -fratello-, come preferisce essere chiamato).
E infatti non ho pagato mai.

Ma bella fu quella cena (la prima di una lunga serie) a casa di amici vicini.

Accolti in una splendida villetta moderna, dopo una serie infinita di convenevoli, ci sediamo a tavola.
"Era ora, ho una fame!"
"Molto bene, perché dovrai mangiare un tot!!!"
"Dovrai?"
Boh...un errore di traduzione, pensai, solitamente Lei non usa il verbo "dovere".

Si comincia con una portata (enorme) di sashimi (buonissimo).
Inizio a mangiare "a quattro ganasce".

"Mangia piano piano..." mi sussurra di sottecchi.

Uhm...ha ragione, è da maleducati ingozzarsi così (anche se i giapponesi mangiano velocissimamente...).

Mmmm......"devo" bere.

"Va bene la birra?"
"Ceeerto!!!"

"Bevi lentamente" mi sibila ancora.

"Ops...scusa..."

Le portate sembravano non dover finire mai.

E Lei, che solitamente mangiava come un uccellino, piano piano, "spolverava" tutti i piatti.

"Ma quanto mangi???" le ho non troppo sussurrato.

Il suo sguardo eloquente mi ha bruciato tutta la parte destra del viso.

"Sto mangiando anche per te, per non farti stare male!!!"

Il fatto è che se mangi voracemente, significa che apprezzi, quindi te ne portano ancora.
Per contro, se mangi poco o svogliatamente, corri il rischio di offendere seriamente chi ti sta ospitando.
Un po' come quando vado dalla nonna, che dopo il quarto piatto di lasagne, con le pareti addominali al massimo della dilatazione e le lacrime agli occhi (che non so bene se siano davvero lacrime o essudato di ragù), accennando lievemente una smorfia di dolore, faccio per allontanare il piatto
"Come, non mangi più? Non ti piacciono?"
"Be', forse un'altra mezza porzione in tasca la riesco ad infilare...è l'unico spazio che mi è rimasto!"

Anche dire "Basta, sono pieno!" non è educato.

Teoricamente si dovrebbe stancare prima chi offre (cosa che non succede perché anche lui non vuol fare la figura dell'avaro).
E' un meccanismo crudelmente perpetuo.

Stessa cosa vale per il bere, con conseguenze devastanti sul risveglio mattutino successivo.

E' per questo che in Giappone si vendono (ovunque) estratti energetici e prodotti per salvaguardare l'organismo dalle eccessive libagioni.

Il più famoso è "Ukon no Chikara" a base appunto di "Ukon" (Zafferano delle Indie).

La prima volta in un "konbini" Le gridai:

"Prendiamo "Unko" stasera, vero?"

Gli occhi pallati degli avventori tutti su di me....

Una vera figura di "unko"!!!
(direi che non serve tradurre la parola "unko", il significato lo si evince).




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domenica 8 agosto 2010

Kiyomizu-dera no charenji

Durante la mia prima, brevissima tappa a Kyoto, nel "lontano" 2006, l'unico posto che visitai accuratamente fu il tempio buddista di Kyomizu.
Nel mio folle innamoramento a prima vista, proprio a Kyomizu, nel "lontano" 2006, impressi il mio desiderio su di un "ema" ( una tavoletta votiva):
"Che Lei mi ami per sempre!!!"

La tavoletta su cui scrissi quel desiderio, quattro anni or sono, è bruciata ormai da tempo e i vapori del mio anelito, sparsi sull'antica capitale.
Nel mio immaginario, però, questo luogo, considerato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, finalista per diventare una delle 7 meraviglie del mondo moderno, è anche il custode del nostro eterno amore!

Un custode meraviglioso, che in autunno si tinge del rosso dei "momiji" (le foglie rosse di acero) nelle sue gradazioni: uno spettacolo che ogni anno si ripete per la gioia di migliaia di visitatori.

Ma non per noi....

Infatti ogni volta che decidiamo di andare, per un motivo o per un altro, futile o serio che sia, finiamo sempre per litigare e torniamo a casa senza neppure entrare.
A dire la verità, il Novembre scorso siamo riusciti ad entrare, perché c'era Mami-chan a fare da paciere, però un piccolo battibecco lo abbiamo avuto comunque.

A Bologna abbiamo un detto, riguardante il Santuario della Madonna di San Luca (nel suo piccolo, una sorta di Kiyomizu felsineo):
"Si sale in coppia e si torna da soli",
a rappresentare il fatto che molte coppie di giovani innamorati, durante gli oltre 2 Km della salita che dal Meloncello porta al Santuario,
un po' per la fatica, un po' per qualcos'altro, finiscono per litigare.

Ma il nostro custode, alla fine, ci lascia sempre riappacificare!

La vita insieme è una sfida quotidiana, piena di conquiste e di soddisfazioni.
A volte capita qualche piccolo intoppo, è naturale, ma l'importante è avere la volontà di superarlo:
"Volere è potere!"

Prima o poi, troveremo il modo di affrontare e superare la " Prova Kiyomizu"...

Per adesso è "quasi" divertente.

In fondo,

"L'amore non è bello se non è litigarello"...

no????









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martedì 3 agosto 2010

Nukeme no nai

Anche l'occhio vuole la sua parte!

Forse non esiste altro posto al mondo, come in Giappone, dove questo detto sia così vero.

Il giapponese è infatti un vero "fanatico" della presentazione, della disposizione, dell'apparenza, della forma.
Non a caso sono nate in Giappone le arti dell'Ikebana, dell'Origami, la Cerimonia del The...

Tutto è meticolosamente preparato e predisposto a soddisfare in primo luogo la vista.
Basta andare in un ristorante per godere, prima di tutto, della disposizione dei cibi nei piatti.
Nei negozi, qualsiasi articolo si venda, la merce è esposta in maniera artistica e confezionata in modo perfetto.
E' quasi un peccato dover aprire il pacchetto
(forse è per questo che non li aprono subito quando ricevono un regalo o un souvenir, per godere il più possibile della confezione...).

E le confezioni, a volte, sono più ricche della merce stessa.
Ho visto meloni (carissimi) trattati come diademi:
imballati in una retìna di protezione, adagiati in una scatola di legno pregiato foderata di prezioso velluto, incartati abilmente e sistemati in meravigliose borsine, finemente decorate.
Ci credo che costavano così tanto!
"Mettilo in un sacchetto di plastica e fammelo pagare la metà...tanto lo dobbiamo mangiare!"

Ma il giapponese mangia per prima cosa con gli occhi!!!

E' per questo che, al ritorno dal lavoro, dopo l'immancabile sorridente "Okaeri", la cena è un vero piacere per la vista.
La tavola è imbandita, i piatti sono uno sfavillio di colori, i cibi disposti con precisione maniacale.
Mi dispiace quasi dover rovinare una simile opera d'arte.
E così, mentre sto attento a rovinare il meno possibile, prendendo poco a poco questa o quella pietanza, non mi accorgo che sto mangiando una semplice insalata o magari gli avanzi della sera precedente...

Furba, eh?


ATTENZIONE!!!

Mentre per noi italiani l'aggettivo "furbo" è una sorta di complimento, in Giappone ha una connotazione alquanto negativa.
O meglio, esistono due modi di tradurre la parola "furbo" ed io, ovviamente, scelsi quello sbagliato!

Era l'ottobre 2007, quando, a Kyoto, fui presentato ufficialmente alla Sua famiglia.
La sera del nostro arrivo, facemmo una cenetta informale in un Izakaya (una sorta di osteria nostrana).
Durante la serata i discorsi furono tradotti bilateralmente da Lei, perché la mia futura suocera parla esclusivamente il giapponese ed io non lo masticavo ( e tuttora ahimè non lo mastico) per nulla.
Quando una necessità fisiologica ci fece rimanere soli, faccia a faccia.
"Su, parlate un po'...io torno subito!"

Lunghi silenzi imbarazzati, occhi che vagavano nel vuoto alla ricerca di chissà che cosa...
Decisi di rompere il ghiaccio, in fondo sono italiano, siamo famosi per la nostra affabilità (in verità io non sono così "italiano", comunque...) e poi avevo al seguito il mini-dizionario.
Per continuare sulla falsariga del discorso che stavamo facendo, aprii il libricino e scorrendo le parole febbrilmente con il dito, azzardai un "Kanojo ga zurugashikoi desu", intendendo dire con questo: "Lei è furba".

Il viso della mamma si fece serio.
Se prima, mentre cercavo di arrabattare le parole, mi sorrideva incuriosita e quasi divertita alla vista di questo "henna gaijin" pelato, ora il suo viso era impassibile, una statua di sale, neppure un piccolo sorriso di circostanza.

"Che succede? Avete parlato? Avete detto male di me, vero?" ridendo...

"Boh, mi sa di sì... ho detto che sei furba... ecco guarda, ho detto così..."

"Ahahahah...."

Avevo malauguratamente scelto la definizione di colui che, approfittando della dabbenaggine altrui, volge le situazioni a proprio vantaggio...insomma, un truffatore.

Due parole chiarificatrici e sul bel viso di quella che avrebbe potuto non diventare mai mia suocera tornò il sereno.
Fortunatamente "mami-chan" è donna saggia e di larghe vedute, ed accettò di buon grado le giustificazioni del caso.

E il mini-dizionario venne riposto nel più recondito dei meandri della valigia e non ne uscì più!!!






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domenica 1 agosto 2010

Hoshii

"Che cosa vuoi fare oggi?"
"Dove vuoi andare?"
"C'è qualcosa che vuoi vedere?"
"Vuoi un gelato?"
"Dove vuoi fare la cena?"

A Ferrara, quel pomeriggio primaverile, scoppiò la "Bomba",
la prima, imprevedibile, inaspettata esplosione!
Tutti i sentimenti, le emozioni, le paure, gli stress fino a quel momento repressi e compressi si riversarono in una fragorosa e prorompete deflagrazione.

"Basta!!!!
Vuoi vuoi vuoi....sempre vuoi!
Non sai dire altro? Sei tu l'italiano, io sono una turista! Sei tu che sai cosa c'è da fare!"

"Mmmmm.....ma....che ho detto di male??? Io volevo solo essere gentile..."

"Be' non lo sei, per niente!!! Da quando sono qui non fai altro che chiedermi vuoi questo, vuoi quello.... non è gentile..."

"Ccccc....come non è gentile???"

"Certo!!! E' molto arrogante da parte tua, come se mi concedessi il favore di fare questa o quella cosa. E da parte mia, se dicessi voglio questo o quello, sarebbe oltremodo egoista, no?"

Caddi dalle nuvole.
Un volo tremendo, da altezze vertiginose, senza paracadute, senza via di scampo.
Il culture gap qui era davvero notevole.
Come fare per colmarlo?

"Sssssccc...scusa, ma....qui si usa dire così, per essere gentili. Come dovrei dire, secondo te?"

"Ti piacerebbe fare questa cosa?
Ti piacerebbe andare in questo posto? Ecco, così è più gentile..."

"Acc...scusa ancora, ma come potevo saperlo? Noi siamo abituati così..."
"Be', abituati male!"

La cena in quel ristorantino con i tavoli all'aperto fu piuttosto silenziosa, solo io cercai di colmare le distanze, arrabattandomi come meglio potevo, ahimè con scarsi risultati.

Per fortuna giunse in mio aiuto un meraviglioso piatto di tortelli di zucca all'aceto balsamico.
L'atmosfera si fece più rilassata.
"Ottimi, hai scelto bene, grazie!"
Adesso era più disponibile ad ascoltare il mio punto di vista.

Il lambrusco, rosso compagno di avventure, mediatore instancabile, paciere per antonomasia, diede il colpo finale.

Ci eravamo capiti!!! Forse....


Ad ogni buon conto, quando l'anno successivo Le feci la fatidica proposta, usai un "prostrato":
"Cara, ti piacerebbe concedermi l'immenso onore di diventare mia moglie?"

"Nani??? (Cosa???)"

"Ehm...ti....piacerebbe......(praticamente sdraiato)...vu...oRRESTI sposarmi?"
... ... ... ... ... ... ... ...

(attimi interminabili, fronte imperlata, lingua felpata, allucinazioni mistiche...)

"... ... ... Così.....Siiiiii!!!!"







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