mercoledì 13 ottobre 2010

Hōrensō

Hōkoku: resoconto
Renraku: informazione, avviso
Sōdan: consultazione, consiglio

La vita sociale e, soprattutto, lavorativa giapponese si basa su questo principio fondamentale.

Prima di prendere qualsiasi iniziativa, prima di cominciare qualsiasi genere di attività, comunque avvisa.
Durante lo svolgimento di un lavoro, avvisa, relaziona sull'andamento, chiedi consiglio.
Anche se il progetto langue, se non ci sono novità, comunque avvisa, rapporta il fatto, fai sapere che non ti sei dimenticato, che ci stai lavorando.

Stai fissando un appuntamento?
Consultati, relazionati, avvisa!
Sei in ritardo? Avvisa!
Hai ricevuto un messaggio? Per quanto insignificante, rispondi, conferma che lo hai ricevuto (e letto!).

In linea di massima si tratta di semplici norme di buona educazione, applicate, di solito, anche nel "Vecchio Continente", seppure non con la medesima "ferrea rigidità".
Per questo, quando, da noi, le suddette "regole" vengono in qualche modo disattese, non ci si scandalizza più di tanto.
Purtroppo le "buone maniere" ci stanno piano piano abbandonando e la nostra società si adegua, gioco forza, a questo "nuovo schema relazionale".


Può succedere di aspettare per più di mezz'ora un'amica (che non ha avvisato del proprio ritardo) e che quando finalmente arriva, questa non si scusi neanche...

Può capitare di rimanere in attesa per giorni, settimane, che il Presidente della "Federazione X", ti contatti per stabilire i dettagli di quel lavoro.

Può succedere che la mail che hai mandato alla tua amica (italiana) non abbia un seguito immediato...("scusa, ultimamente non uso tanto il Pc..." "infatti, aggiorni continuamente il tuo stato su Facebook con cagate assurde..." - questo è un mio personalissimo commento-).


Può capitare di "dimenticarsi" di avvisare che oggi c'è sciopero e quindi pranzi a casa.

La "sfera" strettamente familiare, però, esula da questa prassi.

Così, quando dopo mesi di silenzio assoluto, azzardo un:
"Perché non chiami mai mami-chan?"
Mi arriva in replica un sottile e leggermente ironico
"Nessuna nuova, buona nuova"
Infatti, io e mia madre ci sentiamo (quasi) quotidianamente, pur abitando a poche centinaia di metri di distanza.
"Fate troppo hōrensō tra voi..."

Sì, siamo così, che ci vuoi fare?
Shouganai ne? Ne?!?

-電話で♪

lunedì 11 ottobre 2010

Shouganai

Sei arrivato tardi al lavoro?
Be'..."Shouganai"
Hai perso le chiavi di casa?
"Shouganai"
Ieri sera hai bevuto come una spugna e oggi sei da buttare?
"Shouganai"
La tua squadra del cuore ha preso una batosta memorabile dall'ultimo in classifica?
"Honto ni shouganai"
Hai fatto il Jailbreak all'iPhone4 e a volte si blocca?
"Shouganai"
Hai preso il raffreddore?
"Shouganai"
Hai un'ulcera gastrica, ma bevi caffè, vino rosso, fumi e mangi piccante, poi ti viene mal di stomaco da morire?
"Shouganai"
"Koroushi"? (la morte improvvisa per sovraffaticamento da lavoro e stress)
"Shouganai"....

Per i giapponesi è tutto "Shouganai": non c'è nulla da fare, è così che deve andare, non ci si può fare niente.
Inoltre,
non si può cambiare quello che è già successo, quindi è inutile lamentarsi, inutile "piangere sul latte versato", per dirla a "modo nostro".

Ok, capisco che non ci si possa più far nulla, ma un po' di "lamento" è terapeutico, almeno per noi italiani.
"Rompere le balle" al nostro prossimo è una nostra abilità speciale.
Le nostre "sfighe" non devono abbattersi unicamente su di noi, dobbiamo poter "contagiare" il nostro prossimo, al fine di alleviare il nostro senso di frustrazione, per poterci sentire parte di una comunità, una comunità di "sfigati".
E siccome il nostro prossimo più prossimo è spesso il nostro partner, cerchiamo in lui (nel mio caso in Lei) un po' di conforto, un sostegno morale, una spalla su cui piangere, ma soprattutto un orecchio che ci ascolti!
Vorremmo che il "nostro prossimo più prossimo" ci desse manforte con qualche "Sì, maledetta sfiga, non è giusto, perché proprio a te? Non poteva capitare a....lui!"
E che il "lui" di passaggio, nonostante le furiose quanto inutili "toccate scaramantiche", venga coinvolto, suo malgrado, nella spirale liberatoria (per me).
Ma la partner giapponese, questa cosa non la contempla neppure.
Al massimo ascolta, in silenzio, annuendo di tanto in tanto, qualche mugolio sconsolato "Sō, sō....".
E se la partner giapponese, addirittura, è una giapponese "atipica" (per dire, non è la "yamato-nadeshiko" che tutti si aspetterebbero), invece dei mesti accenni di conforto, sbotta in breve in un bolognesissimo: "Bona lê"!!!
Sì, è vero, devo imparare che il mio "giramento di balle" (o "tiramento di culo" che dir si voglia) non deve essere trasmesso a viva forza alla mia partner, soprattutto perché, se a me passa in genere nel giro di pochi minuti, a Lei no, assolutamente NO!
Quindi cos'è peggio?
Sopportare in silenzio per un po' la frustrazione (magari mugugnando tra me e me in una stanza lontana, in modo che non senta neppure il brontolio),
oppure subire, colpevole, la successiva ed inevitabile ondata di malumore (che a volte si protrae per giorni)???

Ogni volta che succede, me lo ripeto e mi ripropongo di non farlo mai più.
Ma la volta successiva,
"Tack",
ecco che la mia "natura rompiballe" riaffiora come per magia....
Non imparerò mai!

Be'....
"Shouganai"!!!




-電話で♪