domenica 13 novembre 2011

Terebi

Il palinsesto televisivo italiano, si sa, è un abominio.
Ma che dire di quello nipponico?
Credetemi, non ci dobbiamo lamentare più di tanto....

Anche quest'anno, durante il mio consueto mesetto di vacanza nella Terra del Sol Levante, data la mia scarsa attitudine alla lingua locale (lo ammetto, non mi applico affatto, la mia conoscenza della lingua madre della mia dolce metà è rimasta praticamente invariata negli ultimi 4 anni), durante le giornate "casalinghe", mi sono fatto delle vere e proprie maratone televisive.
Siccome non partecipavo attivamente (ahimè neppure passivamente) alle conversazioni e, sebbene interpellato direttamente, rispondevo con un grugnito annoiato (la colpa era solo ed esclusivamente mia, ben inteso, quindi il mio malumore era la diretta espressione del famoso detto: "Chi è causa del suo mal, pianga sé stesso"), ecco che prontamente "ZACK!", mi accendevano la TV ed io sprofondavo in un oblio di "minchiate" (perdonatemi il neologismo) abissali.
Perché dovete sapere che la stragrande maggioranza dei programmi televisivi giapponesi sono rappresentati da una specie di Quiz Show, dove personaggi più o meno famosi, per la maggior parte comici, devono indovinare risultati di sondaggi assurdi, amenità provenienti dalle più sparute parti del globo, capire come si leggono/scrivono kanji ormai obsoleti o estremamente inusuali (se sono difficili per loro, figuratevi cosa potevo capire io...), dove gag e siparietti più o meno bizzarri la fanno da padrone.

Le trasmissioni che più apprezzavo erano una sorta di "Paperissima", video divertenti di cadute e figuracce che non richiedevano, ovviamente, alcuno sforzo di comprensione.

Ed, ovviamente, le pubblicità.

Quanta pubblicità!!!!

Non esagero, ma ogni 8/10 minuti di trasmissione (cronometrati), ci sono almeno 3/5 minuti di pubblicità.
Chiaramente si ripetono ciclicamente, per cui dopo un paio d'ore avevo già memorizzato il "gingle" e martellavo (diciamo) i nervi della famiglia ripetendo come una specie di Rain Man gli slogan pubblicitari (addirittura storpiandoli).

"Henna gaijin" (strano straniero), mi ripeteva sorridendo la mia amata, scuotendo amorevolmente il capo.
Dentro di me si faceva strada, sempre più intensamente, che la Sua bonaria reazione nascondesse una celata e profonda compassione, per me, ma soprattutto per Lei, per aver sposato un siffatto elemento.


Ma la cosa più eclatante è che in ogni trasmissione, qualsivoglia sia il tema portante, a qualsiasi ora (del giorno e della notte), si parla di cibo.
I giapponesi sono OSSESSIONATI dal cibo, in tutte le sue rappresentazioni.
Comunque un assaggio, una presentazione, una disquisizione sul cibo ci DEVE assolutamente essere!

E allora via con facce estasiate, mugolii di puro piacere, orgasmi in diretta all'assaggio di questo o quel piatto.
Certo, perché bisogna enfatizzare, non basta dire "Buono!", bisogna contorcersi, fare le facce buffe, gridare "Meccha umai!!!"

Ma d'altra parte è ciò che chiede l'audience.
Se noi italiani amiamo farci gli affari altrui, ci propinano i vari "Grandi Fratelli", famose isole/fattorie, per non parlare dei vari "Forum",Fatti vostri" o "Vite in diretta", perché questo è ciò che la media del pubblico vuole, no?
Quindi, un popolo che fotografa ogni singola portata che mangia, cosa mai vorrà vedere????

Il mio amato cognato, che recentemente si è unito alla comunità di un noto social network, non perde occasione di aggiornarci sui suoi lauti banchetti serali (beato lui).

Ma anche una cara amica, italiana ma residente in "quei lidi",
aggiorna spesso il suo stato con invitanti immagini culinarie.
"Mi piace, mi piace", anzi, "mi piacerebbe!".


E' dunque vero il detto che recita:

"Chi va con lo zoppo impara a zoppicare"?!?



-電話で♪


martedì 28 giugno 2011

Karaoke

L'estate è arrivata!
Si è fatta un po' attendere, è vero, con una primavera che è stata più simile ad una coda di inverno, più che una "mezza stagione" vera e propria.
Ci siamo lamentati fino a pochi giorni fa del freddo, della pioggia.
Volevamo il sole, il caldo.
Ed ora, che il caldo è arrivato, improvvisamente, boccheggiamo e stramalediciamo questa "ondata di calura".
Gli appartamenti, chiusi durante la giornata, al ritorno dal lavoro, sono vere e proprie "camere di tortura".
Il nostro, pur essendo esposto bene, coibentato decentemente, raggiunge comunque la ragguardevole temperatura interna di 27ºC, il che significa notti d'inferno.
Abbiamo un impianto di condizionamento, ma siamo un po' restii a metterlo in funzione, non tanto per il dispendio energetico, quanto per la mal sopportazione, di entrambi, al freddo innaturale (e a tutti i suoi effetti collaterali: cefalea, dolori articolari, secchezza delle fauci....).
Quando, la notte, la temperatura si abbassa leggermente, avendo la fortuna di avere finestre su ogni lato, sapendo dosare saggiamente l'apertura delle stesse, riusciamo a creare una corrente ristoratrice anche in serate di calma piatta.

Tutto bene, penserete....

E invece no!

Colpa del forno dirimpettaio?

"Magalli..."

Qualche decina di metri più avanti, sempre di fronte a noi, c'è un ristorante.
Fino all'inverno scorso aveva una clientela "di tutto rispetto": un giro di mafia russa (forse amici dei fornai dalle mani/pala), che almeno un paio di volte a settimana concludevano la serata a "bottigliate" (il centralino del 113 aveva memorizzato il mio numero e rispondeva chiamandomi per nome).
Ora hanno cambiato gestione: non più giri di vodka e balalaiche, ma giardinetto estivo e Karaoke!
Così quasi ogni notte, impianti a palla ed urla strazianti.
Ma con che coraggio ci si può esibire, avendo l'intonazione di una "sega circolare"?

Come rimpiango i "Karaoke box" di nipponica memoria.
Camerette perfettamente coibentate dove ti puoi esibire, senza ritegno, con stonature indegne, senza colpo ferire.

Perché costringere il tuo prossimo a subire questo strazio?
Perché turbare il suo sonno?

Una volta concluse le "esibizioni", ad alba quasi fatta, le poche ore di sonno rimaste a disposizione sono comunque a rischio incubi.


Quindi, a malincuore, ci apprestiamo, anche stanotte, a climatizzarci, tanto domattina avremo comunque mal di testa, ma almeno il ronzio del motore elettrico ci salverà un poco il sistema nervoso (forse).

"Shouganai...almeno è più allegro..."
"Chi? Io no di certo!"

Non mi sarei mai immaginato di trovarmi a rimpiangere le risse...

Quasi quasi mi spaccio per "cimpira" (scagnozzo) della Yakuza e scateno un putiferio....


-電話で♪


venerdì 13 maggio 2011

Mendokusai

La lingua giapponese è ricca di vocaboli che indicano uno stato d'animo, una sensazione, un modo di essere.
Ciò che in italiano viene espresso in una frase complessa ed articolata, ricca di parafrasi e sfumature, spesso in giapponese trova il suo corrispettivo in un'unica parola.

Vi sarà capitato (sicuramente) di essere in uno stato di tremenda apatia, di assoluta mancanza di energia, di "voglia zero", un momento in cui anche respirare diventa faticoso, anzi, fastidioso (perché è pur sempre "fare qualcosa").

In questi casi, nella lingua di Dante, possiamo sbizzarrirci in variopinte esclamazioni:
dal classico "Uffa!!!", al più volgare "Che p@lle!!!", al bolognesissimo "Socc'mel!!!"

Nella lingua del Sol Levante, è d'uopo esclamare "Mendokusai"
(si pronuncia Mendocsai), o nella sua versione più "slang": "Mendokuse~", riunendo in queste tre sillabe la pletora di italiche variazioni sul tema.

Io, di questa "magica" parola, mi sono subito innamorato, facendone il mio "motto" preferito. La sua pronuncia sembra quasi onomatopeica, esprime svogliatezza, è quasi un "Inno alla fannullaggine".

E' per questo che la sera, dopo una giornata di lavoro, stanco, con la maledetta ernia che si lamenta per le vibrazioni (e le buche), la spalla destra che non vuole essere da meno e si unisce al "coro" degli acciacchi, l'allergia che "sboccia" in un turbine di starnuti e gocciolamenti, con la "fiacca" che accompagna ogni cambio di stagione, mi tuffo con un doppio carpiato sul divano con l'intenzione di fare un beneamato "beep".

Comincio a gingillarmi col telefono, controllo un aggiornamento, un giochino...insomma, perdo tempo!

"Perché non aggiorni il blog? Lo fai sempre dal telefono, no?"

..........



"Mendokuse~,
Chō Mendokuse~!!!!"


(Molto Mendokuse~)




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martedì 12 aprile 2011

Il meno peggio

Come gli assidui lettori di questo mio personale spazio ben sanno, i primi tempi della Nostra convivenza sono stati costellati da un'infinita serie di incomprensioni e "misunderstanding" dovuti, in gran parte, alle differenze culturali delle società in cui abbiamo vissuto i nostri "primi quarant'anni".

Il Suo recente impegno nel "mondo Cheerleading" del Bel Paese, ha fatto sì che venisse a contatto con un gran numero di persone.

Se prima ero io l'unico punto di riferimento, l'unico paragone, ora sono passato da "pietra dello scandalo" a "mite confidente" (o confessore?).
Una promozione di tutto rispetto, se pensiamo che fino a poco tempo fa poteva sembrare che fossi IO ad avere un atteggiamento di "poco riguardo", un basso livello di "considerazione", e che anzi tirassi in ballo la questione del "culture gap" a mio comodo, come esclusiva scusante di un mio carattere non proprio "accomodante".
Alla fine risulto essere "il meno peggio".

Ora le "esplosioni" non riguardano ME in prima persona.
Ora non le "subisco" più passivamente.
(a dire il vero le subisco comunque, ma almeno posso dare sfogo alla mia "mal sopportazione" inveendo contro i veri fautori del misfatto)

Gli "argomenti ricorrenti" sono:
1) La puntualità (che però non è mai stata una mia mancanza)
2) I "modi di dire/fare", che non sono in linea con il nipponico "cerimoniale" delle relazioni interpersonali (ma devo ammettere che a volte alcuni comportamenti che Lei mi riporta lasciano interdetto persino me)
3) La mancanza di organizzazione/pianificazione, per cui tutto può cambiare, specie all'ultimo minuto, vanificando le Sue notti insonni (e non solo le Sue) passate a preparare i minimi dettagli
4) L'assoluta assenza di comunicazione/connessione, quel "famoso Hōrensō" di cui abbiamo tanto parlato.

La mia figura, in tutto ciò, spazia da puro ascoltatore, a mesto confidente (come ho già detto), a paciere (che cerca di sminuire la gravità del fatto adducendo la scusante che "purtroppo da noi è diventato di uso comune"), fino a vero e proprio istigatore ("ma come è possibile, non ci posso credere, anche per me, che sono italiano, una cosa così darebbe fastidio").

Alla fine, purtroppo, la matematica, come si suol dire, non è un opinione:
Cambiando l'ordine degli addendi, il risultato non cambia

ossia

"cosa detta male"+"cosa fatta male"+"mancanza di considerazione"+"assenza di Hōrensō"+"svariati ritardi"= "terribile deflagrazione"
(leggasi muso lungo, cattivo umore, eccetera eccetera, senza entrare in intimi dettagli....)

Unica, piccola, consolazione, quella di non esserne IO la causa....in fondo, sono il "meno peggio".....YEAH!!!



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domenica 10 aprile 2011

Buon vicinato

Con l'arrivo della bella stagione,
si avvicinano preoccupantemente i "maledetti" ritrovi notturni sotto casa nostra.
Se, fortunatamente, il locale poco più avanti ha cambiato gestione e non sembra attirare troppa clientela (e ci credo, abbiamo voluto provare una sera, una cenetta veloce: un filetto piccino piccino, una scaloppa ai funghi, due contorni, acqua, vino e due caffè per la non proprio modica cifra di 60 euri), lo stesso non si può dire per il forno dirimpettaio, che inizia a lavorare verso le 22 attirando orde di "giuovani" (e non), che di ritorno dalla discoteca o dalla serata "movimentata", avvertendo quel buchino da "fame chimica", sfogano i propri famelici istinti stravaccati sul muretto che fiancheggia la nostra entrata.
A parte gli schiamazzi ad orari inverosimili, la mattina l'accesso al condominio è ridotto a una discarica.
A volte, dopo un turno di notte, rientrando verso le 2 di mattina, redarguisco benevolmente gli "ospiti", raccomandando loro di raccogliere i residui delle loro libagioni (e devo dire che l'approccio amichevole ha sempre dato i suoi frutti).
Ma, fortunatamente, non sempre ho il turno di notte e, soprattutto, non sempre sono dell'umore giusto (specie se svegliato di soprassalto e/o mi devo alzare presto), per cui, spesso e (mal) volentieri, la mattina tocca ripulire (non ho ancora capito come mai, ma per qualche strano motivo mi ritrovo ad essere sempre io il "primo" che passa da lì...un po' come quando nevica, chissà com'è ma a nessuno serve la macchina, poi, una volta liberata la rampa dalla candida coltre, sembra di essere in autostrada...).

Comunque sia, l'altra notte, verso l'una, ci stavamo predisponendo per un meritato sonno ristoratore, quando uno sbattere di portiere e grida sguaiate mi hanno fatto sobbalzare.
Affacciatomi dal balcone, ho assistito a ciò che non avrei mai voluto vedere:
due ragazzi, visibilmente ubriachi, che stavano scaricando i loro personali effluvi contro il cancello e la piccola aiuola che "adorna" l'ingresso del condominio.
Giuro che se avessi avuto la vescica carica, avrei ricambiato il "favore", producendomi in una "cascata" direttamente sulle loro teste, ma purtroppo non avevo bevuto abbastanza, per cui mi sono limitato ad un "Ehi...ma dovete farla proprio qui?"
Mi aspettavo almeno di interrompere la funzione, creando un minimo di imbarazzo, agitazione o comunque sorpresa.
Nulla di tutto ciò: si sono limitati ad alzare lo sguardo, ribattendo che "tanto è un aiuola, così cresce più rigogliosa" e riprendere la mira per un attimo abbandonata.
Risaliti in macchina, sono ripartiti a tutto gas, strombazzando pure.

"Bisogna dirglielo!"
"Cosa e, soprattutto, a chi???"
"Bisogna dire al fornaio di non vendere più alla notte o che dica ai ragazzi di non sporcare e non disturbare!"

"......."

Attimo di incertezza, riflessione, smarrimento.

"Ma, secondo te, al fornaio, quanto gliene può fregare?"

"Perché? Non è giusto! Pensa solo a guadagnare? Se fossimo in Giappone i vicini si sarebbero già lamentati e il fornaio si sarebbe scusato e non succederebbe più, altrimenti nessuno comprerebbe più il pane da lui...."

Il Suo candore mi ha intenerito.

A parte che in Giappone nessuno si sognerebbe nemmeno di rumoreggiare sguaiatamente e di sporcare a terra (in più i fornai non ci sono, ma vabbe'...), comunque, purtroppo, qui non funziona così.
Se anche andassi a reclamare
(e non mi sogno neppure lontanamente di farlo, visti i due lavoranti moldavi, grossi come montagne, con due pale al posto delle mani, anzi penso proprio che usino le mani per infornare), nella migliore delle ipotesi mi prenderei un "Vaffa...." (nella peggiore una cascata di schiaffazzi....).

"Allora?"

Allora, sarebbe bello se anche qui bastasse chiedere gentilmente per ottenere un po' di rispetto dell'altrui sonno,
sarebbe bello se ci fosse considerazione,
sarebbe bello se ognuno facesse la propria parte per mantenere la città pulita,
sarebbe, sarebbe, sarebbe...

Sarebbe il caso di dormirci su, a finestre rigorosamente chiuse!!!






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mercoledì 6 aprile 2011

La meravigliosa arte del "cazzeggio"

Ebbene sì, lo ammetto:
sono il Re del "cazzeggio" serale!

Negli ultimi tempi, la sera, non mi riesce nient'altro.

Lei è sempre più impegnata, tra "Cheer camps", lezioni, partite, regolamenti, competizioni.
Recentemente ha addirittura creato una Sua squadra di cheerleaders, le "Flappers", che supportano la locale squadra di Football Americano dei "Doves", ma che non disdegnano eventi e manifestazioni di ogni genere.

Va da sé, che tempo da dedicare alle faccende domestiche ne rimane poco (e qui ritroviamo il mio -non tanto- latente lamento).

Cerco anch'io, comunque, di fare la mia parte.
Non volendo rinunciare ad un minimo di attività fisica ( la mia schiena me lo impone, trascorrendo una buona metà della giornata seduto al volante), la mattinata passa veloce tra una sessione in palestra ed una passata di aspirapolvere.

Quando la sera (tardi) rientro dal lavoro, dopo una cenetta che, non so come, Lei ha comunque trovato il tempo di preparare, provo a contribuire ulteriormente al "ménage familiare", offrendomi volontario per il lavaggio piatti.
Offerta che viene quasi sempre rifiutata, anzi vengo minacciato di chissà quali angherie, nel caso in cui mi azzardassi, quindi, ahimè, a "malincuore"... passo!!!

Rassettata la cucina, torna alla Sua postazione di lavoro, davanti al Pc, riprendendo là dove aveva solo momentaneamente interrotto al mio rientro, continuando fino a notte fonda, fondissima!

Perché Lei è così:
tutto DEVE ASSOLUTAMENTE essere organizzato, preciso, perfetto!!!

Mail su mail, sms, telefonate, chat per coordinare i membri del Team.
Comunicazione innanzitutto!
Hōrensō è la parola magica!

Ma purtroppo qui da noi non funziona tutto così bene:
non abbiamo questa cultura, questa abitudine, questa considerazione (aggiungo cattivamente questa "pignoleria").

"Ma com'è possibile? Non leggono i messaggi? Perché non mi rispondono? Incredibile che esistano persone così....Ma sono tutti così gli italiani????"

Allora io, dalla mia postazione serale (leggasi "divano"), con un orecchio ascolto, con un occhio annuisco, con la testa accenno un mesto : "checcevoifà....???"

Ma con l'altro orecchio, l'altro occhio (la testa è una sola, ma il movimento del "checcevoifà" viene prodotto in modo assolutamente autonomo, quindi sono liberissimo di pensare ad altro), dedico tutto me stesso ad un divertentissimo giochino per iPhone che mi sta facendo letteralmente "uscire di senno".

Ma proprio oggi, un caro amico mi ha spronato a scrivere: basta "cazzeggio"!

Be'...non garantisco un post quotidiano (forse nemmeno settimanale, ma chissà...), però sicuramente mi dedicherò meno al giochino e più al blog
(in fondo anche questo post lo sto scrivendo da iPhone, essendo il Pc divenuto una "no raul's land"...)



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domenica 20 febbraio 2011

Kusuri

Inverno, stagione di raffreddori, influenze, lombaggini, artriti cervicali e chi più ne ha, più ne metta.
Se vai dal dottore, trovi una fila di nonnini che si danno appuntamento nella sala d'aspetto.
Una routine quotidiana, un punto fermo nel loro menage.
La sala d'aspetto del medico è il punto di aggregazione preferito, meglio del bar sotto casa.
Si può parlare liberamente di acciacchi, di interventi, di sfighe varie, persino di morti, perché si sa, sei vai dal medico proprio bene non stai, quindi per il Teorema del "mal comune, mezzo gaudio", certi discorsi (secondo loro), sono d'obbligo.
Ma il loro scopo principale è ottenere l'agognata ricetta, magico lasciapassare per varcare la soglia di "Farmacilandia".
Come il più fanatico dei collezionisti, possono vantare, per esperienza diretta, una conoscenza e una perizia che nemmeno Ippocrate aveva.
Si destreggiano tra i "principii attivi" meglio di Gustav Thöni in una gara di Slalom Gigante, ne storpiano abilmente il nome, solo per fingere la loro incompetenza:
ma li hanno già provati tutti!!!
E il "buon" medico di famiglia, un po' per spirito caritatevole, ma soprattutto per levarseli dai "cojones", prescrive e prescrive e prescrive....tanto "paga Pantalone".

"Prenda UNA compressa di questo..."
"Me ne dia ben una scatola, va là, che non si sa mai..."
"Gliene dò tre, così siam tutti contenti!!!"
(L'anziano rimpingua la sua collezione, il medico rimpingua la sua "provvigione", la casa farmaceutica e la Farmacia sotto casa rimpinguano gli introiti...
....e tutti noi ce lo "rimpinguiamo" in quel posto, alla lunga....)

In Giappone, dove il sistema sanitario è sullo stile statunitense (anche se non a livello così "estremo"), se il dottore ti prescrive: "Una compressa dopo i pasti principali, per cinque giorni" : 3x5=15, il farmacista ti dà un sacchettino con 15 compresse!

E così l'anziano collezionista nipponico deve rivolgersi alla "Casa dell'Automeducazione".


Anche da noi i farmaci da banco sono piuttosto comuni, un po' perché giustamente per curare i piccoli mali di stagione non c'è bisogno di perdere un'intera giornata dal medico (per i motivi di cui sopra) e in più, secondo me, certi tipi di farmaci è giusto farli pagare, altrimenti ce ne sarebbe un abuso ancora maggiore.

Comunque dicevo, il Giappone è davvero il Paradiso dell'Automedicazione.
Ce n'è per tutti i gusti e per tutte le tasche.
Nei centri commerciali e nei negozi di articoli sanitari e per la cura del corpo, ci sono interi reparti dedicati a questi prodotti.
E, come dicevo, la scelta è vastissima.

La televisione poi, martella di pubblicità il nipponico spettatore,
che, a forza di vedere "promoters" influenzati, doloranti, artritici, si autoconvince di essere affetto, a sua volta, di una serie infinita di patologie.
La maggior parte di questi farmaci sono di tipo omeopatico, a base di erbe, quindi penso che tanto male non facciano, anche se presi senza troppa considerazione.
Inoltre sono dell'avviso che gran parte dell'effetto che hanno sia "placebo" bell'e buono.

Uno starnuto?
C'è la bustina per il raffreddore!
Un colpo di tosse?
Ecco lo sciroppino!
Male alle spalle/schiena/ginocchia?
Il magico cerotto ti aiuterà!
Hai bevuto e mangiato come un orco e adesso ti senti una chiavica intasata?
Ecco lo sgorga-tutto energizzante!!!

Ma d'altronde si sa, la società giapponese è fatta così, vive di eccessi:
l'acqua del bagno DEVE essere bollente, il climatizzatore va sempre al massimo, le bibite o ghiacciate (d'estate) o piombo fuso (d'inverno), una vita trascorsa sedendosi sulle ginocchia, inchinandosi ogni tre per due, lunghe giornate in ufficio, pietrificati alla scrivania davanti ad un pc, ore piccole obbligatorie, sonno racimolato qua e là sui vagoni della metropolitana....

Come dar loro torto?

Questi stoici combattenti, questi eroi, questi Neo-Samurai devono, in qualche modo, poter sopravvivere, per amor di patria.

Non possono mollare, mai!

E allora, dato che "prevenire è meglio che curare", ad ogni minima avvisaglia,

ZACK!!!


Anche noi, nel nostro piccolo, non vogliamo essere da meno.
Ogni volta che andiamo in Giappone facciamo una bella scorta di questi "preziosi" rimedi, che solo là possiamo trovare.
Abbiamo anche noi il nostro bell'armadietto delle medicine in bagno (così pieno che abbiamo dovuto inserire dei ripiani supplementari).

E così una mattina, mentre mi rado, in bagno, noto un pelo ribelle che fuoriesce dalla narice sinistra.
Repentino lo estirpo, non riuscendo ad evitare, ahimè, la naturale raffica di starnuti.
Non ho ancora finito, le lacrime mi stanno scendendo, allungo la mano per cercare il fazzoletto e...

Lei mi ha già preparato, amorevole, la bustina contro il raffreddore, quella al gusto di farina di castagne, che a me piace tanto!

Cosa chiedere di più dalla vita?
Un "Lucano"???
Ma neanche per sogno!!!







-電話で♪

giovedì 17 febbraio 2011

Non dire no!

Perché i giapponesi non sanno dire di no?
Perché non riescono ad imporsi, non riescono a sottrarsi?

Il miglior modo per "incastrare" un giapponese è, infatti, chiedergli, gentilmente, un favore.

A meno che la richiesta sia al limite del lecito e della decenza, vedrete la sua espressione, vetrata, dopo un attimo di esitazione, mutarsi in un sottomesso "Hai".

Dentro di se macererà, si automaledirà per questo suo carattere ma sicuramente non riuscirà a rifiutare.


E proprio per questo Suo "essere così giapponese",
che io, a volte (spesso), mi "inalbero":

perché so già come finirà.


"Uff...ho troppe cose da fare!
...e oggi devo andare a quella riunione...dobbiamo decidere di fare quei corsi....ma io non posso insegnare anche per quelli...No, ASSOLUTAMENTE, non lo farò!"

Avete presente nelle pagine finali della "Settimana Enigmistica", la vignetta della serie:"Le ultime parole famose"?
Ecco, proprio così!!!

"Uff...avevi ragione, come solito...mi hanno chiesto se posso insegnare io..."

"Ma Tu hai detto di no, vero?"
(domanda di circostanza, risposta lapalissiana)

"Ma solo per i primi tempi, solo le prime lezioni..."

Devo assolutamente tenerLe un "corso accelerato di fanCultura Italiana"!!!






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mercoledì 2 febbraio 2011

Neo Samurai

Se anche stai morendo di fame,
comportati sempre come se fossi sazio!
Anche se stai malissimo, non lo dare a vedere!

Il "Bushidō", la "Via del Guerriero",
spiega il codice di comportamento che ogni vero samurai deve obbligatoriamente osservare, per poter essere considerato tale.

Se Saigō Takamori
può essere considerato l'ultimo dei Samurai,
il codice d'onore non è stato abbandonato.
Ogni singola sfaccettatura,
ogni atteggiamento è stato rivisitato ed adattato alla moderna società, al modo di vivere contemporaneo.

E il piccolo giapponese, nel limite del concesso, viene allevato tenendo ben presenti queste norme.

Non voglio esagerare, ma questo atteggiamento, questo "habitus" mentale, è talmente radicato nella società nipponica, che sembra quasi divenuto parte del loro DNA.

Un giapponese non deve, non può mostrare in pubblico la propria debolezza.

E' per questo motivo che mio cognato, affetto da un'infezione polmonare (nulla di particolarmente grave) che con una breve degenza ospedaliera e un paio di settimane di riposo casalingo si sarebbe risolta, ha scelto di sottoporsi a dolorosissime iniezioni settimanali, protratte per oltre sei mesi, pur di non abbandonare neppure momentaneamente il suo incarico, pur di non mostrare la sua "debolezza".
Perché se si è ammalato, significa che non ha avuto buona cura di se stesso: in un certo senso, ha fallito.

L'esatto opposto della nostra concezione in materia:
Non sto male, ma vado dal medico e mi faccio prescrivere un settimanina di malattia, così, per "precauzione", non sia mai che mi "ammali" per davvero!

Ed è per questo innato "Bushidō" che Lei, la settimana scorsa, durante il "Cheer Camp", dove Lei insegna le tecniche di Cheerleading,
dove Lei sempre insiste e si raccomanda di fare attenzione, Lei, proprio Lei, scendendo con troppa "leggerezza" da uno "Stunt" ( una figura coreografica, per i non addetti ai lavori),
ha appoggiato malamente il piede e...

"TACK!"

Ovviamente ha continuato a sorridere.
Ovviamente non ha espresso il minimo dolore.
Ovviamente nessuno si è accorto del Suo "passo falso",
perché nulla, nel Suo atteggiamento ha lasciato anche minimamente trasparire quello che in realtà era successo.

Ma il "misfatto" non poteva essere nascosto per troppo tempo, non si poteva "fingere" per tutta la durata del "Camp".

E così, il mattino dopo, quando non poteva neppure pensare di appoggiare il piede, ha dovuto ammettere, ahiLei, la propria disattenzione. Costretta a capitolare.

E se, a "colpo fresco", un bell'impacco di ghiaccio sarebbe forse stato sufficiente, il giorno dopo (e dopo un giorno di attività), allo "zampone" non restava che l'opzione "lenticchie" per richiamare la buona sorte.

Da cui:
Pronto Soccorso, lastre,
nulla di rotto, ma stampelle ed almeno dieci giorni di riposo ASSOLUTO!!!


....e l'esposizione al pubblico ludibrio....


Noooo!!!!

Qui siamo in Italia!

Pubblica dimostrazione di affetto e marito che "premurosamente" si occupa di tutto.

Ma non ti ci abituare, eh!?!


^_^



-電話で♪

sabato 22 gennaio 2011

Finalmente

La mattina del terzo giorno,
partenza per Salsomaggiore Terme.
E' il momento clou della ripresa.
Tutto in funzione di questo:
il "Cheer Camp"!

Ogni mese infatti, la Federazione organizza una tre giorni "full immersion" per formare ed aggiornare i coaches federali.

E proprio questa situazione volevano fortemente immortalare, con dovizia di particolari, un carico di emozioni, possibilmente di colpi di scena, insomma, una "telenovela".

Viaggio rigorosamente in treno,
sperando in qualche ritardo o intoppo vario (cosa rarissima per le efficientissime Ferrovie di bandiera...).

Ahimè per Loro, buon per Lei, il viaggio (breve da Bologna) è filato "liscio come l'olio":
treno puntuale, pulito, ordinato.

Sistemati i bagagli al solito Hotel
(i Camp si svolgono sempre nella stessa location), comincia la maratona.

Premetto che, come per il giorno precedente,
dovendo io lavorare ed essendo una trasmissione sulla Sua vita in Italia, ero esonerato in toto da qualsivoglia obbligo di presenza, anzi...

Non ricevendo il solito sms di "Sono arrivata" ( che a dire la verità non è che sia proprio solito, lo è diventato a forza di insistere), Le mando un "Tutto ok?"

Nessuna risposta.

Sarà impegnata, non avrà sentito il "Tock-Tock-Tock" dell'avviso...

Non è la prima volta che capita.
Anzi, a dire il vero è la normalità:
ogni volta che mando un messaggio per notificarLe l'orario del mio ritorno dal lavoro, all'atto di entrare in casa, oltre il consueto "Okaeri", anche un quasi seccato "Non hai mandato il messaggio?"
"Come no? Non l'hai letto?"
Salvo poi leggerlo il giorno successivo e sbagliare clamorosamente la pianificazione della cena:
"Ma come, non dovevi finire alle 19? Hai mandato il messaggio!"
"Ieri, amore, le 19 era ieri. Oggi avevo il turno delle 21, vedi qui, in bacheca?"
"Scusa, hai ragione, è che in italiano non riesco a memorizzare bene!"
Va be', cercherò di tradurre il turno...

Comunque dicevo,
non ricevendo risposta, neppure a qualche tentativo di chiamata,
desisto e rimando il tutto a sera tardi, dopo il lavoro.

Ma nulla di nulla.

Comincio a preoccuparmi (ad indispettirmi, per dire la verità, perché non c'era il timore che potesse essere successo nulla di strano).
Verso mezzanotte, cerco il numero dell'Hotel e chiamo.
Dalla reception mi passano il Presidente, che mi dice, un po' frustrato, che per tutto il giorno non L'ha quasi vista, era sempre pedinata, passo passo, dalla telecamera.
Finalmente riesco a parlarLe.
"Scusa, non ho avuto un secondo libero, non ho visto i messaggi, non potevo chiamare, sei arrabbiato?"
"No no...figurati" cercando di rendere la voce più calma possibile.
"Vabbe' ora ti saluto, sarai stanca immagino: Buonanotte!"
"Magari potessi andare a letto...
Vogliono che faccia Nabe qui, nella cucina dell'albergo, alle due di notte..."
E qui la mia voce si rompe:
"Come il Nabe?!? Ma no..."

Dovete sapere che il "Nabe" è una sorta di pentola in ceramica, in cui si cuociono verdure e carne insieme, direttamente in tavola, e si mangia tutti insieme, direttamente dal "Nabe" stesso.
Una sorta di "rito familiare", un simbolo della famiglia, soprattutto della Nostra famiglia.

Sapevamo che Mami-chan (mia suocera) ci aveva mandato questo regalo, ce lo aveva anticipato di nascosto, contravvenendo alle ferree regole dello Show.
Ce lo aspettavamo, e avevamo anche pianificato una cena "Nabe-style".

Ma il regista ha pensato bene di fare la "consegna", tipo "C'è posta per te", solo all'ultimo giorno.
Sapeva che la stanchezza dei giorni precedenti avrebbe consumato la sua "preda", che avrebbe ceduto.
Alla vista del familiare utensile, nonché di una lettera manoscritta della madre, la Nostra eroina si è prodotta in un sincero e liberatorio pianto.
Ecco: pathos, "dorama", audience, Yatta!!!

Ok...tutto fa "Broadway", come si suol dire...

Alla fine tutto bene:
riprese ben riuscite, regista soddisfatto, Presidente contento per un po' di pubblicità gratis (anche per l'eco mediatico che ne è scaturito nell'ambiente) e noi ci siamo "beccati" un Nabe "ship-free".

A proposito,
il ritorno era previsto in macchina, ma una forte nevicata ha fatto sì che il mezzo più sicuro fosse il treno e quindi la poverina si è dovuta accollare anche la "quintalata" di ceramica nippo-familiare (altro che ship-free...).

"Tadaimaaaa...sono a casa... Sono distrutta!!! Svegliami mercoledì!"



PS.
Abbiamo trovato su Youtube i video della trasmissione qui e qui

PPS:
Avrei voluto postare la vicenda un mese e mezzo fa, allo svolgimento dei fatti, ma eravamo vincolati dal "Segreto Istruttorio"...


PSP:
Ora mi ci dedicherò per qualche tempo (un po' di relax anche per me, che non ho fatto nulla in tutta questa storia...) ^_^




-電話で♪

mercoledì 19 gennaio 2011

Noio vulevam savuar...

La mattina del secondo giorno,
la troupe aveva deciso di fare alcune riprese della città.

Avevo consigliato loro di fare "un salto" a San Michele in Bosco, il punto più panoramico di Bologna.

Malauguratamente, c'era un nebbione da paura, quindi hanno optato per i portici che da Porta Saragozza conducono al Santuario della Madonna di San Luca.
Non so cosa abbiano effettivamente immortalato, magari avranno usato immagini di repertorio in fase di montaggio, perché davvero la nebbia si poteva affettare!

Nel pomeriggio, poi,
era stata organizzata una riunione con la Federazione.

Non so perché ma ai giapponesi piace molto la fiction, anzi il "dorama" come lo chiamano loro.
Anche la scena più semplice, deve essere carica di "pathos",
deve catturare gli ascolti, fare "audience"...be', in effetti, è una trasmissione televisiva...

"Si potrebbe fare una riunione per le riprese?"
"Ceeertooo!!! Non c'è problema, organizziamo subito!" aveva assicurato il Presidente.

Allora,
location di questa riunione è
niente meno che la "Real Sede" del CONI a Milano.
In verità,
si è evinto una volta giunti sul posto,
era un evento già organizzato, per tutt'altri motivi e la presenza della Federazione non era neppur lontanamente contemplata.

Per poter accedere alla Convention,
il Presidente era stato costretto ad un bluff con la "B" maiuscola:
Una televisione giapponese avrebbe intervistato i Dirigentissimi per un resoconto sullo sviluppo del Cheerleading in Italia, ad un anno dalla nascita della Federazione.

Ragion per cui, approfittando di una pausa, i "Nostri Eroi" si avvicinano ai vari Duca-Conti, Cav. di GranCroce, Lup.Mann., tutti clamorosamente "doppiopettati" e con discorso abilmente preparato.

"Dove sono le telecamere?"
"Ah, è qui la Tivvù!"
E giù a snocciolare un monologo come neanche il buon vecchio Gassman avrebbe saputo.
Il regista La incalzava:
"Intervieni, di' qualcosa, hai qualcosa da chiedere?..."
"Ma... che devo dire? Non c'è nulla da chiedere..."
Il Presidente insisteva:
"Su, fai un'intervista!"
"Ma che intervista???"
Il cameraman impazziva tra una inquadratura a pieno campo, uno zoom, un primo piano, cercando di evitare che i numerosi candelabri della Hall entrassero nel campo visivo
"Aaarrgghhh!!! Fiamma, fiamma!!!" gridava fobico.
"Blablabla..."
"Chiedi qualcosa, chiedi qualcosa..."
"Su...intervistaaaa..."
"Fiamma, fiaaammmaaaa..."

L'assurdo siparietto rischiava di protrarsi per l'intera durata della ripresa.

"Chiedi qual..."
"Interv..."
NO!!!

Improvvisa, secca, assolutamente non giapponese.

Ma efficace!


Sì, chiaramente la situazione non era quella richiesta per la trasmissione, ma suvvia, cerchiamo di "fare buon viso a cattivo gioco", siamo o non siamo professionisti?

Alla fine il cameraman ha dimostrato la sua esperienza:
Facciamo più "Italian style":
in fase di montaggio, un taglio di qua, un doppiaggio di là, si può ottenere ciò che si vuole, no?

Graandeee!!!!

....e l'interprete (che capiva tutto) rideva sotto i baffi....


(continua...)


-電話で♪


lunedì 17 gennaio 2011

Sponsor

"Ecco, sono arrivati!"
"Aaarrgghh...devo ancora pettinarmi..."
"Ma smettila...al massimo potresti lucidare la pelata!"

Cominciamo bene, volevo fare una battuta e sono stato "mazziato".

Ecco entrare i "3 dell'Ave Maria":
un cameraman, un conduttore/regista e un interprete/organizzatore.

Dopo averLe sistemato un microfono addosso, si parte verso casa dei miei, poche centinaia di metri a piedi.

I passanti, vedendo la telecamera, si girano incuriositi.
I vicini di quartiere, che solitamente non ci degnano di uno sguardo, oggi si prodigano in saluti a "due mani e trentadue denti".

Incrociamo mio padre sulla porta:
"Devo fare una commissione, ci vediamo più tardi"
(veniamo poi a sapere che "la commissione", altro non era che un attacco di colite nervosa, espletato a casa della nonna onde evitare spiacevoli "rumori di sottofondo" durante le riprese).

Dopo le presentazioni di rito,
la super-nonna, 82 anni portati divinamente, comincia la sua lezione di sfoglia.
Impasta e tira con energia e, da vera esperta, per accelerare il tutto ha già preparato un'altra sfoglia la mattina stessa: che esperienza!
E noi che ci preoccupavamo che la nonna si emozionasse, perdesse il sonno e "andasse nel pallone"...
A metà preparazione, per me si fa tardi (e comunque ne avevo già abbastanza):
"Sumimasen, shigoto e ikanakereba naranai"
La troupe ride.
"Cus'al détt?"
"Avrà fatto una battuta...ridono..."
"Ho detto che devo andare a lavorare....av'salūt!"

"Nel primo pomeriggio chiamo i miei, per sapere com'è andata.
Mi risponde mio padre, raggiante.
Quell'attimo di imbarazzo è passato (anzi è stato un "toccasana" per la sua stipsi cronica).
"Tutto ok? Com'è andata?"
"Benissimo!!! Sócc'mèl se mangiano loro lì, i 'an finè incōsa!"
"Come hanno finito tutto?!? Non è rimasto nulla per me, per stasera? Ma por#@xx!!!"

Nel pomeriggio fanno qualche ripresa a spasso, nel centro di Bologna (e poco ci manca che li carichi sull'autobus).

Qualche (finta) commissione nei negozi del vicinato e poi a casa, a preparare la cena per il marito affamato.

"Quando torni, suona prima di salire, così possiamo riprendere il momento".

Ripasso mentalmente mille volte una frase in dialetto Kansai, per un'entrata ad effetto...sì, posso dire: "Hara hetta!" (ho una fame da matti). Molto bene!

Dling-dling
"Sto salendo"

"Okaeri//Tadaima"
"Ara hen na!" (non c'è)

???

"Ma por#@xx!!!"

"Che c'è di buono?"
"Scusa, ho fatto velocemente due hamburger"
"Ma non avevi detto che preparavi il Curry?"
"Mi dispiace, ma non potevo stare troppo tempo ai fornelli,
per via dello Sponsor..."

"???"

Lo Sponsor della trasmissione è la Società erogante l'energia elettrica della Regione, quindi era assolutamente proibito riprendere qualsiasi altra forma di energia "concorrente" (anzi, "senzacorrente"...).


E meno male che oggi era nuvoloso e non tirava vento...


(continua...)


-電話で♪


domenica 16 gennaio 2011

Terebi no Aidoru

Finalmente è andato in onda!
Finalmente ne posso parlare!
Di cosa?
Ma della trasmissione che parla di Lei, la mia dolce metà, della sua vita da Cheerleader, giapponese, in Italia.

E sì, proprio così, ho sposato una Cheerleader.

Ma procediamo con ordine.

In Giappone, per oltre 20 anni,
il cheerleading è stato per Lei,
oltre che una vera ragione di vita,
anche la sua professione.
Prima come atleta, poi come coach, giudice e formatore, alle dipendenze della Federazione giapponese.

Il tempo passa, le soddisfazioni, tante, fanno sì che possa dire di aver raggiunto il Suo scopo, di aver contribuito allo sviluppo e la diffusione di questo sport in terra nipponica (anche perché quando ha cominciato Lei, il Giappone era davvero agli albori in questa disciplina prettamente statunitense) e ritirarsi, per così dire, da questa stressante, stressantissima attività (per cominciarne un'altra, quella teatrale, che a mio avviso è ancora peggiore, ma questa è un'altra storia).

Quando è arrivata in Italia (per seguire me, eh eh), non immaginava neppure lontanamente di poter ritrovare la sua antica passione.
Qui, nella patria del calcio, dove gli sport americani sono relegati a livello di nicchia, dove non c'è un vero e proprio professionismo (eccezion fatta per il basket).

Comunque sia, a Bologna, ci sono ben due squadre di Football Americano, che militano in prima divisione (in serie A, se vogliamo usare un termine calcistico).

Così, quasi per gioco, come un passatempo, anche per inserirsi più facilmente in questa nuova società, quella italiana, così distante non solo geograficamente da quella in cui ha vissuto per circa 40 anni, ha chiesto di unirsi al gruppo delle ragazze sostenitrici di una delle compagini, quella dei "Doves".
Inutile specificare che le "colombe", appena visto il Suo curriculum (ma soprattutto appena L'hanno vista in azione), sono stati entusiasti e hanno riposto in Lei ogni velleità.
Le ragazze, tutte giovanissime, hanno una vera adorazione per questa giapponesina che, all'età di 40 anni, salta e corre come nessuna di loro riesce a fare.

Sempre per caso, tramite un noto Social Network, veniamo a sapere che è nata anche qui una Federazione di Cheerleading,
per la precisione la Federazione Italiana Cheeleading e Acrobatic Dance (sul cui acronimo stendiamo un velo pietoso...).
E anche qui è inutile precisare che, non appena inviato il Suo curriculum, vista la Sua esperienza e professionalità, è stata immediatamente chiamata a ricoprire il ruolo nientemeno che di "Supervisore Nazionale".

La situazione del Cheerleading in Italia oggi è esattamente al livello in cui era in Giappone una ventina d'anni fa, per cui Le sembra di rivivere una seconda giovinezza.
Ha ricominciato il lavoro con la stessa tenacia e affezione di vent'anni prima.

La vera (e sostanziale) differenza sta, ahimè, nell'abisso che separa le due culture, nel modo di vedere le cose, di organizzare il lavoro e di rapportarsi con il prossimo.
Di questo, in modo molto scherzoso e sdrammatizzante, un po' per esorcizzare i suoi timori e le frustrazioni che ne derivano, ha cominciato a scrivere in un suo Blog.

Ed eccoci arrivati, dopo questo lunghissimo ed estenuante preambolo, alla trasmissione televisiva.

La Yomiuri TV, un'emittente della regione del Kansai (di cui Lei è originaria), produce un programma che parla di giapponesi emigrati che svolgono un'attività "particolare".
Tramite il Blog, è stata contattata per presentare la sua vita qui, una cheerleader giapponese in Italia, il "paese del calcio".
Inutile, ancora una volta, specificare la gioia per questa occasione.
Anche perché il programma è uno dei preferiti di mia suocera
(anch'io ne ho visto qualche puntata e devo dire che è veramente interessante e divertente).

Dal momento in cui abbiamo avuto la conferma che la trasmissione si sarebbe fatta (circa un mese e mezzo prima) è iniziata la "fase di preparazione".

Come fare? Che dire? Come comportarsi?

"Niente di particolare, basta essere naturali, la nostra vita reale"

Sì, per Lei che faceva teatro è semplice da dire, è abituata a recitare, è abituata a nascondere l'emozione.
Non solo è attrice, è pure giapponese!

Pensiamo di fare vedere la Sua vita quotidiana, il rapporto con gli suoceri, con mia nonna che ha un vero debole per Lei.

Ma come fare a dire loro che verrà una troupe televisiva a riprenderli?

Si agitano anche solo se viene un parente per pranzo, figuriamoci se gli diciamo che andranno in "mondovisione"!

Comunque optiamo per accennare la cosa, prendendola mooolto larga, a mia madre, a cui toccherà l'arduo compito della mediatrice con mio padre e soprattutto con mia nonna.

Anche perché vorremmo far vedere come prepara la sfoglia, una lezione di tortellini fatti in casa.

Se ne parliamo ora la nonna non dorme per due mesi, così glielo diremo solo un paio di giorni prima, per ridurre al minimo l'impatto, ma per concederle il tempo per preparare l'occorrente.

Stabilita, nei minimi dettagli, una sorta di "scaletta", più per volere dei miei, che in questo frangente si sono dimostrati più giapponesi di Lei, arriva finalmente la mattina del giorno prestabilito.

Alle nove in punto, con una precisione che solo un macchinista di Shinkansen può avere, suonano alla porta:

Ecco, si va in scena!


(continua...)

-電話で♪

venerdì 14 gennaio 2011

Etichetta

"Scusa, ho soffiato il fumo dal naso..."
"Che??? Che problema c'è?"
"Come!?! Non è elegante per una donna! Fare uscire il fumo dal naso...come un cinghiale."

Ah, è vero: "etichetta femminile".

In Giappone infatti le donne "devono" seguire una serie di norme comportamentali che le rende aggraziate, femminili, insomma, "appetibili".

Per esempio, in pubblico (o al telefono), parlano con una vocina sottile e gentile, non con la propria voce naturale.
( i primi tempi, quando telefonavo a casa pensavo di aver sbagliato numero...).

Hanno un proprio modo di esprimersi, con differenti coniugazioni e suffissi da usare durante la conversazione.
( a volte mi capita di esprimermi in giapponese, così come sento dire da Lei, dando così un'impressione, che dire, un po' "fru-fru").

Quando ridono emettono gridolini sommessi e si coprono la bocca
( la maggior parte, purtroppo, lo fa anche per coprire una dentatura tutt'altro che perfetta).

Una donna non dovrebbe fumare, per lo meno non in strada ( in passato solo le prostitute lo facevano).
Anche se i tempi sono cambiati e una certa emancipazione femminile è arrivata anche nella "Terra dei Samurai", difficilmente si potrà vedere una donna che fuma all'aperto e comunque mai camminando.

Una vera "yamato nadeshiko" (lo stereotipo della "donna perfetta") deve sempre camminare tre passi dietro al proprio uomo, non lo deve contraddire mai, deve anticipare e soddisfare ogni suo desiderio o richiesta.
(fantascienza allo stato puro!!!)

E' altamente disdicevole soffiarsi il naso in pubblico (questo anche per un uomo),
ma non è affatto maleducato "tirare su" il moccio.


Per questo, durante gli inverni giapponesi ( ma anche in estate vista la potenza degli onnipresenti climatizzatori) si può assistere a veri e propri concerti per "fiati e trombe" (d'altra parte tutta l'aria aspirata così fortemente, da qualche parte dovrà pure uscire...e il cerchio si chiude, no?)




-電話で♪