martedì 27 luglio 2010

Chūkan

Una sera d'inverno (la nostra convivenza aveva da poco passato il mese) tornando dal lavoro, percorrevo a piedi le poche centinaia di metri che separano il deposito degli autobus da casa mia.
Parlavo tranquillamente al telefono con mia madre, quando all'improvviso: "Sciafff!!!"

Qualche "buontempone" aveva avuto la "brillantissima" idea di farmi un "gavettone".
Il palloncino pieno d'acqua, lasciato cadere da una finestra, mi era sibilato a pochi "micron" dalla testa e si era infranto sul marciapiedi senza peraltro bagnarmi minimamente.

Esplosi in un sonoro: "Stronzo, due volte stronzo!!! La prima per avermi tirato il gavettone, la seconda perché non sei neppure stato capace di colpirmi!!!"
Ovviamente il colpevole si era già ritirato nei suoi alloggi e a me non restò che continuare a borbottare fino a casa.
Infilata la chiave nella toppa, mi accolse il solito "Okaeri" sorridente e l'episodio appena accadutomi passò immediatamente in secondo piano.

Durante la cena, ottima come sempre, parlando delle rispettive giornate, ecco ritornare alla mente il "maledetto attentatore".
Raccontai l'accaduto in maniera, a mio avviso, alquanto colloquiale, senza mettere particolare enfasi (sempre a mio avviso).

Il Suo visino si rabbuiò, il sorriso sparì, si fece silenziosa...non era dello stesso avviso.

"Che succede? Ho detto qualcosa che non va???"
"You gave me a bad feeling" (parlavamo ancora quasi esclusivamente in inglese).
"Ti ho dato una brutta sensazione??? Scusami, ma non era certo rivolta a Te..."
"Certo, chiaramente ho capito che non ce l'avevi con me, però perché trasmettermi il tuo nervoso?"
"Capisco bene che il tuo è un lavoro duro, stressante, sempre in mezzo al traffico. E' per questo che ogni sera ti accolgo con il sorriso, per scaricare il tuo stress, to ease your stress!!! Magari anche per me è stata una giornata difficile, da sola, cercando di pensare qualcosa di buono da prepararti, con la difficoltà di non saper parlare l'italiano, fare la spesa.....ma nonostante tutto voglio essere sorridente per te, non ti voglio caricare delle mie fatiche, perché sono felice quando torni a casa e possiamo parlare!"

Mi sono sentito una merda, anzi peggio!

Non mi era mai capitato un ragionamento simile.
Di più, un pensiero del genere non mi aveva mai neppure lontanamente sfiorato.
Anche solo l'idea che potesse esistere su questa terra un essere umano capace di tali sentimenti mi era totalmente estranea.
Una cosa fantastica!!!


E dire che noi italiani, quando siamo di cattivo umore facciamo di tutto per rompere le scatole al prossimo affinché anche lui possa finalmente diventarlo.
In fondo, mal comune è mezzo gaudio.


Peccato però che i giapponesi invece (come dicevo), non lasciando trasparire il loro disagio, accumulino, accumulino, accumulino....finché "BUM!!!"



Ci vorrebbe quella famosa "Via di Mezzo", che è anche uno dei fondamenti del Buddismo.
Riusciremo mai a trovarla?

(in realtà l'ho trovata, ed è anche piuttosto vicina a casa....)








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domenica 25 luglio 2010

Sentaku

Le serate scorrevano piacevolmente, davanti ad un bicchiere di vino, rigorosamente rosso, affiancati dai fedeli dizionari.
A casa avevo infatti un ottimo vocabolario Inglese-Italiano e nel frattempo mi ero procurato un discreto supporto per il Giapponese.
Il micro-dizionario da viaggio, a cui si era unito il classico "frasario", aveva fatto il suo tempo!
Nel suo piccolo, è stato compagno insostituibile durante il soggiorno in Giappone, fedele consigliere durante i contatti virtuali.
Ora la cosa si faceva concreta, i contatti erano reali e mi serviva qualcosa di "serio".
Avrei voluto acquistare lo splendido "Shogakukan", ma gli oltre 100 € per la sola versione unilaterale mi hanno fatto propendere per un più accessibile "Zanichelli".

Le serate, dicevo, scorrevano veloci, anche perché effettivamente ci voleva un po' di tempo per tradurre.
Finché si trattava di argomenti "leggeri" tipo avventure ed esperienze varie del nostro passato, i discorsi filavano lisci senza troppe ricerche.
La faccenda si complicava "terribilmente" quando si toccavano tematiche più "profonde".
Senza arrivare a disquisizioni filosofiche, anche solo confrontarsi sul come affrontare un determinato atteggiamento o comportamento diventava un "muro insormontabile".
L'argomento peggiore erano i sentimenti!
Italiani e Giapponesi hanno due modi assolutamente diversi (oserei dire quasi opposti) di esternare i propri sentimenti.
E probabilmente hanno anche valori sentimentali diversi, nel senso che danno "più peso" a cose diverse.
Mi spiego,
innanzitutto la forma:
Noi italiani siamo piuttosto informali, soprattutto nei rapporti di coppia, soprattutto noi uomini, soprattutto io...
Per i giapponesi la forma è essenziale, soprattutto nei rapporti di coppia, soprattutto le donne, soprattutto Lei...
I giapponesi vanno "abbondantemente" per intuito, non c'è bisogno di parlare per intendersi,
gli italiani sono un po' più "de coccio" ( vi prego, lasciatemi pensare che sia un "culture gap" e non solo una mia mancanza).
I giapponesi non esternano il proprio stato d'animo, non lasciano trasparire le proprie emozioni ed opinioni,
noi italiani le esterniamo eccome!
I giapponesi (soprattutto LE giapponesi) tengono tutto dentro, salvo poi esplodere, quando il livello è colmo, anche per una piccola cosa.
Noi italiani invece esplodiamo sempre, anche per piccole cose.

Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che il confronto avveniva in Inglese, che non è la lingua madre di nessuno dei due, vi lascio immaginare che genere di "misunderstanding" saltavano fuori.
Io dicevo una cosa in italiano, la traducevo in inglese e Lei dall'inglese al giapponese.
Avete presente quel gioco del passaparola che si faceva da piccoli con dei bicchieri di plastica a cui veniva legato uno spago? Il primo diceva una frase, che veniva immancabilmente stravolta nei vari passaggi e alla fine tutti si divertivano a sentire cosa diventava... be' il risultato era simile e a volte, in verità, non si rideva troppo...
Ma la cosa più bella (che mi ha fatto innamorare profondamente) era che non si chiudeva mai l'argomento, anche con il nervoso o con la delusione malcelata sul viso, comunque si arrivava al chiarimento, comunque c'era la volontà di capirsi.
Nel 99% dei casi erano infatti errori di traduzione o profonde differenze nel retaggio culturale/sociale che si concludevano, a notte inoltrata (e bottiglia vuota) con la soddisfazione di aver aggiunto un tassello importante nella nascita del nostro rapporto, anche se solo di amicizia.


E un importante tassello venne aggiunto quella sera, tornato a casa dal lavoro, notando lo stendibiancheria vicino al termosifone.

Le avevo spiegato come funziona la mia lavatrice (anche se non credo che differiscano troppo i modelli tra Italia e Giappone, comunque, per sicurezza...) e Lei molto carinamente aveva lavato oltre i suoi, anche i miei vestiti.
La nostra "convivenza" era ancora piuttosto "fresca" ed io non sapevo come affrontare l'argomento:
tra la biancheria stesa non c'era il benché minimo indumento intimo femminile.
Non ne indossa?
Non li lava?
Biancheria usa e getta?
Decisi, da buon italiano, di affrontare direttamente il discorso, senza mezzi termini:
"Scusa ma...la tua biancheria, dov'è???"
"Stesa dentro l'armadio, non è bene esporre biancheria intima femminile...e poi potrebbero rubarla!"

In un solo istante furono cancellate lunghe serate a parlare di forma, di atteggiamenti, comportamenti.
Il tassello era schizzato come un proiettile:
"Eeeehhhhh???? Dentro l'armadio??? Ma sei impazzita? Vuoi farlo marcire???"

Anche quella sera abbiamo approfondito e chiarito l'argomento, col solito bicchiere di vino ed i fidati dizionari.....però parlavo solo io.
Era troppo offesa dalla mia reazione (francamente un po' esagerata) ed anche contrariata per aver fatto una cosa un po' sciocca.
Va bene che non siamo ancora troppo in confidenza, ma qui non si sognerebbe mai nessuno di venirti a rubare le mutande!

La differenza culturale e sociale è stata superata allestendo una sorta di "tendina" attorno ad un piccolo stendino con la sua biancheria, in modo da coprirne la vista.
Un escamotage che ha incuriosito per lungo tempo la nostra anziana dirimpettaia (e che francamente potrebbe adottare anche lei per nascondere alla nostra vista i suoi mutandoni ascellari....)




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martedì 20 luglio 2010

O furoba

Quella notte del 25 Dicembre 2006,
un paio d'ore prima della mezzanotte,
una slitta di Babbo Natale con il "logo" della KLM, mi portò il regalo più bello che avessi mai desiderato!

L'arrivo era previsto per le 22.00.

Io smettevo di lavorare verso le 21.00, quindi avevo tempo di prepararmi come si deve.
Una bella rinfrescata e una cena veloce veloce, perchè la maggior parte del tempo la volevo dedicare alla scelta dell'abbigliamento.
Come ho già detto, la mia abilità negli accostamenti lascia alquanto a desiderare ed io ero assolutamente deciso a fare "bella figura"!
In fondo la prima impressione è molto importante.
Anche a scuola, mi ricordo che all'inizio dell'anno mi facevo interrogare sempre per primo,
preparandomi accuratamente, per poi "vivere di rendita" nei restanti 9 mesi.

Il "look" mi sembrava adeguato, avevo fatto tutto nei tempi prestabiliti, anzi avevo un discreto margine di anticipo.

L'aereoporto dista una decina di minuti in macchina e partii comunque, meglio aspettare io, piuttosto che arrivare tardi (sempre per il discorso della "buona impressione").

Trovai parcheggio comodamente (a quell'ora, la notte di Natale, chi volete che ci fosse all'aeroporto?).

Avevo tempo: "Mancano ancora 10 minuti, poi dovrà aspettare le valige"....mi fumai una sigaretta in tranquillità.

Verso le 22.10 entrai, mi diressi al piano degli arrivi e cosa vidi, nell'androne deserto?

Una ragazza, dallo sguardo "allucinato", riversa sulla sua valigia....era Lei...era già arrivata...

Addio "buona impressione", ho fatto la figura del "classico italiano", sempre in ritardo, stereotipo degli stereotipi!!!

L'aereo da Amsterdam era arrivato con mezz'ora di anticipo ed essendo solo in 5 sul volo, le valige erano state consegnate immediatamente, quindi erano "buoni" 40 minuti che aspettava!!!

"Dovrò sudare le fatidiche 7 camice per risollevarmi!!!"

Allargai le braccia per salutarla come si deve.
Rapidissima, si chinò, si infilò lateralmente, evitando accuratamente il benchè minimo contatto fisico e si incamminò verso l'uscita.

Modo di fare "Japanese style" o se l'è presa per il ritardo???

Comunque mi esibii in inchini e "Gomen nasai" (avevo studicchiato qualcosina "nell'attesa della Sua venuta") e durante il tragitto, breve, verso casa l'atmosfera si fece più rilassata.

Era stanchissima, ovviamente, per il lungo viaggio e, soprattutto, per la tensione di condividere 2 mesi con un "quasi" perfetto sconosciuto.....

La stessa cosa si poteva dire di me, ma:
a- il mio sentimento/obiettivo era a tutti ben noto;
b- ho un carattere un po' particolare: non me "ne metto più di tanto", abbastanza menefreghista, se vogliamo. Sicuramente non è un vanto, non è una qualità, anzi, però mi ha permesso e mi permette di superare gli "scogli della vita" con una certa "leggerezza";
c- sono italiano, in Italia, a casa mia.-


"Ti vuoi rinfrescare? Vuoi fare un bagno?"
"Se non è troppo disturbo.... farei volentieri una doccia..."
"Fai come se fossi a casa tua!"

Premetto che non ho una vera e propria doccia, ho la classica vasca da bagno, con flessiblie e doccetta annessa.

Il bagno, in Giappone (ora lo so) consta di una vasca da bagno, in cui ci si immerge da puliti, per rilassarsi, mentre ci si lava fuori, con una doccia, in piedi o (meglio) seduti su un "panchetto".
A pavimento c'è lo scarico per l'acqua, un po' come le docce nelle case al mare degli anni '70, per intenderci.

Dopo una "sana" mezz'ora di acqua corrente, si aprì la porta e mi apparve la "Venere del Botticelli".

No, non era nuda e neppure così "in carne".
Non c'era neppure la conchiglia.....insomma, mi si parò davanti la "creatura" più perfetta su questa Terra, ma il mio sguardo si perse immancabilmente sulle 4 dita d'acqua che "scorrevano" sul pavimento.
Gocciolava un po' anche il soffitto....

"Scusa, ho fatto un po' di bagnato, ma... come si fa?"

Cercando di stare tranquillo (sono un puntiglioso, maniaco dell'ordine e della pulizia), con un sorriso plastificato la cui falsità sarebbe stata palese persino ad un cieco, nel tentativo di bloccare un "tic nervoso" all'occhio sinistro, con voce tremolante:

"Non c'è problema, si asciuga. Piuttosto, di solito, noi riempiamo la vasca di acqua e ci laviamo dentro."

"Ma poi l'acqua si sporca, che schifo!"


Non so ancora bene quale sia il metodo giusto, però adesso la vasca è stata dotata di tenda per doccia, nonchè di paratie laterali in plexiglass ben siliconate, a prova di "Venere".-

lunedì 19 luglio 2010

Shiriai ni naru

Avevo pianificato di stare un paio di giorni ad Osaka e un paio di giorni a Kyoto, poi sarei andato ad Okinawa tre giorni e di nuovo Osaka, per ritornare in Italia.

Ma non avevo pianificato di innamorarmi...

E così il soggiorno a Kyoto viene sostituito da un "mordi e fuggi" in giornata (addirittura pioveva e alla fine ho visitato solo Kimizu-dera, un po' di rimpianto perché è una città meravigliosa, piena di cose da vedere, ma non sapevo ancora che di tempo ne avrei avuto tanto per visitarla tutta...).
Purtroppo Okinawa non poteva essere annullato, perché avevo già prenotato volo e alloggio dall' Italia (e addirittura già pagato).
Purtroppo in tutti i sensi perché ad Okinawa, pur essendo ottobre faceva un caldo assurdo, la sistemazione lasciava alquanto a desiderare e non avendo i soldi per un tour "ad hoc" per godere le bellezze naturali dell'isola, ho girovagato come un pazzo sotto il sole cocente e la mente sempre rivolta verso nord/nord-est, cioè ad Osaka!

Ma quelle cinque notti passate ad Osaka hanno gettato il seme di un amore!

Durante il giorno facevo un po' di turismo, in realtà cercavo di far passare il tempo il più velocemente possibile, perché solo dopo le dieci di sera ci potevamo incontrare!
Lei faceva l'attrice, una compagnia teatrale non famosissima, ma dignitosa.
In quel periodo stavano preparando uno spettacolo e quindi ogni giorno le prove finivano verso le dieci.
Con la scusa che c'era il "suo amico italiano" in città era "esonerata" dal "dopo prove" (e cioè andare tutti insieme ad un locale fino al mattino a parlare dello spettacolo bevendo ed "uccidendosi" un po' alla volta, quotidianamente).
La vita degli attori è un po' "squilibrata" anche qui in Italia, penso, ma in Giappone è sicuramente assurda!
Ma non solo gli attori, in generale ogni ambiente lavorativo ha i suoi "rituali".
In generale l'individuo giapponese non esiste in sè, è comunque parte di una comunità.
Il classico impiegato, il colletto bianco che qui viene chiamato "Salary-man" ( anzi サラリーマン), una volta terminato l'orario di lavoro, non va a casa, non sta con la propria famiglia.
Va all'izakaya (un po' come una nostra osteria) con i colleghi e magari il capo, fino a notte fonda, tutte le sere. E il giorno di riposo ha la partita a golf, col capo e/o i colleghi e magari lui il golf lo odia, ma non può esimersi da questo rituale, pena l'esclusione dal gruppo, con pesanti ripercussioni sulle sue velleità di carriera, ripercussioni parallele sulla "popolarità" della moglie nel "club delle mogli" e dei figli a scuola... Insomma un vero e proprio "suicidio sociale"!!!


Allora dicevo che "grazie a me" poteva "saltare" il rito del "dopo prove".
Ma comunque andavamo in un locale, comunque stavamo fino al mattino. Ma era più divertente (spero.....).
Parlavamo in inglese, in fondo era per questo che ci eravamo conosciuti, no?
Io avevo con me un mini dizionario di giapponese, assolutamente inadeguato.
Lei ne aveva uno ottimo giapponese-inglese.
Mancava ahimè l'inglese-italiano!!!
Ma io non avevo forse fatto il corso intensivo (si fa per dire)???
Ero presuntuosamente convinto di parlare piuttosto bene l'inglese, ma mi resi conto ben presto delle mie lacune.
Grammaticalmente me la cavavo, ma il mio vocabolario era decisamente scarno.
Questa ragazza, che si autoproclamava "alle prime armi" ne sapeva alquanto più di me!
Anche la sua pronuncia era ottima, sicuramente molto americana, ma ottima.
Il mio "British-bolognese" mi faceva quasi vergognare...
La sua modestia mi affascinava:
"Non so parlare bene, tu parli molto meglio di me"
Mi stava lusingando?
Lo pensava veramente?
O mi stava semplicemente e sottilmente "sfottendo"?
No (e l'ho capito in seguito e giorno dopo giorno sempre mi affascina) Lei era così: un cuore puro, di una semplicità ed un candore mai conosciuti prima.
Le serate volavano, parlando delle nostre vite, dalla piccola sciocchezza al "tema esistenziale".
Mi piaceva un sacco parlare con Lei.
Sapeva ascoltare e al momento giusto, dare il suo contributo speciale, per enfatizzare o sdrammatizzare questo o quell'argomento e rendere il tutto più armonioso, più piacevole.
Aveva un talento speciale.

Ogni volta al momento di congedarci, ci salutavamo con un inchino, ad un buon metro di distanza. A parte la prima volta, quando mi sorprese con un doppio bacio sulle guance, saluto in stile italiano, i nostri corpi non si avvicinarono mai, neppure per stringersi la mano.
Questa cosa al tempo stesso mi "shoccava" ed affascinava in maniera via via esponenziale.
Durante la serata mi scavavo virtualmente una fossa, ogni volta più profonda, e vi scendevo impantanandomi senza via di uscita.
Al rientro in albergo, strisciavo i piedi da quanto ero impantanato
(e non era colpa del vino).
Non capivo se potesse anche solo minimamente essere interessata a me per qualcosa di più che un semplice amico.
Da parte mia era fin troppo chiaro ed evidente quale fosse il mio sentimento.
Ma Lei non mi ha mai ( e ripeto mai!) né incentivato, né demotivato.
Imperscrutabile, imparziale, assolutamente affascinante!!!
Ed io ero sempre più impantanato!

All'ultima sera, prima della partenza, mi butto:
"O la va o la spacca"

"Se ti va di fare un viaggio in Italia, se vuoi venire a trovarmi, io il posto per ospitarti ce l'ho..."
"Mah, non so... Non vorrei approfittare, non vorrei illuderti, non vorrei illudermi... Boh? Chissà!!!"

E sono partito, lasciando il cuore davanti all'ingresso dell'hotel a Osaka, su quella frase mormorata, che voleva dire tutto e niente.
Con l'immagine di quel sorriso impresso nella retina, quell'inchino elegante, quel profumo di sakura
(so che eravamo ad ottobre ma i momiji sono meno romantici e molto meno profumati).

L'eco della voce di Eijiro era un po' troppo insistente, ma soprattutto mi sprigionava un mix di nostalgie da mal di testa.

Era veramente difficile restare concentrati sul lavoro, per fortuna sugli autobus a Bologna c'è il "pilota automatico" (ci credete???)


E poi quel giorno arriva un mail:
"Ciao, come stai? Tutto bene?
Pensavo che sarebbe bello venire a trovarti, è ancora valido l'invito? Se per te non è un problema io mi fermerei due mesi! Arriverei la notte del 25 Dicembre... E' ok???"

"Ok?!? Ok!!!!!!"

Ma allora Babbo Natale esiste!!!





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domenica 4 luglio 2010

Junbi

Uno degli aspetti positivi di essere un tranviere è quello di poter chiedere le ferie in qualsiasi periodo dell'anno.
Ebbene sì, sono un "conducente di linea" presso la locale Azienda di Trasporti Pubblici.
L'organigramma aziendale ci identifica con la voce "Personale Viaggiante" e infatti a noi piace viaggiare!
E per viaggiare è sicuramente più indicato un periodo di "bassa stagione".
L'Azienda stessa è ben lieta di farti consumare più ferie possibile nei periodi "morti".
Avevo avanzato l'idea che l'Azienda, per incentivare questa tendenza e decongestionare i periodi "caldi" , offrisse "sconti" o "Last minute" tipo "3x2" (ti fai 3 settimane di ferie in Novembre, ma te ne contiamo solo 2), ma non hanno neppure preso in considerazione la cosa...
Sta di fatto peró, che quando chiedo un mese di ferie in Ottobre o Novembre, me lo garantiscono immediatamente e senza problemi.
Nel 2006, in Ottobre appunto, mi decisi finalmente a fare quel mancato viaggio!

Ma che vedere di bello?
Come muoversi in un paese tanto diverso dal nostro?
Ovviamente mi procurai alcune guide e sulla base dei loro suggerimenti, cominciai a tracciare una sorta di itinerario di viaggio.
Su Internet cercai di approfondire e migliorare il tutto, per ottimizzare al massimo la vacanza, quel viaggio che aspettavo da tanto e che chissà se avrei potuto ripetere.
Dovevo sfruttare al massimo le risorse a mia disposizione!

Una sera, un paio di mesi prima della partenza, il caro Google mi evidenzió come risultato della mia ricerca una "chat" dal nome accattivante, una sorta di "amici in Giappone".
Non sono mai stato troppo propenso a questo genere di interazione, preferisco il reale al virtuale.
Ma il Giappone non è forse terra di tecnologie?
"Ma sì" pensai, "in fondo che male può fare?"
Qualche "smile" ricevuto, tanti mandati, qualche mail identificata come "spam" e prontamente cestinata, questa cosa della "chat" in fondo era anche divertente.
La sera, dopo cena, passare un'oretta tra le varie "richieste d'amicizia" era quasi rilassante.

Poi il destino ha voluto che il mio occhio si posasse su un'immagine.
"On-line", nickname spagnoleggiante, vuole migliorare il proprio inglese:
Grande! Ho fatto il corso intensivo (si fa per dire).....al massimo comunicheremo in spagnolo!

La foto a dire la verità non non mi "emozionava" particolarmente, però mi divertì quella "chiacchierata virtuale".
Ci scambiammo addirittura l'indirizzo e-mail e nelle settimane successive ci scrivemmo direttamente 4/5 volte.
"Simpatica" pensai.
"In Giappone potremmo incontrarci, per fare quattro chiacchiere (questa volta reali) se ti va..."
"Ok, però mi dispiace se rimarrai deluso, io sono molto fotogenica, in realtà non sono carina"
"Non ti preoccupare (è l'ultimo dei miei pensieri)"
Che strano, si preoccupa di non piacermi, eppure è chiaro che nessuno dei due sta cercando un appuntamento...carina però..."

Quella sera, ad Osaka (viveva lì in quel periodo, per lavoro) fu un fulmine a ciel sereno.

Appuntamento alle 22, nella hall dell'albergo (un business hotel) in cui alloggiavo.
Mi preparo per tempo, deciso comunque a fare bella figura.
Non so di preciso quante volte mi cambiai per trovare il giusto abbinamento tra le francamente poche cose che avevo portato con me (gli accostamenti non sono mai stati il mio forte).
Comunque decisi per quello che mi sembrava il "meno peggio" e scesi.
Qualche minuto di attesa, sotto lo sguardo incuriosito del portiere, quando notai, fuori della vetrata, una moto che si fermava, parcheggiava.
Era una donna, lunghi capelli castani uscivano da sotto il casco.
Fisico snello, atletico, jeans attillati, a vita bassa e magliettina.
"Bel look" pensai.

Poi accadde.
Un attimo vissuto al rallentatore, il tempo intorno a me si era fermato (o comunque andava molto più piano del normale).
Le orecchie mi ronzavano, una musica rock mi risuonava nella testa e l'eco della voce di Eijiro si aprì un varco, tra la moltitudine dei ricordi, spianando le asperità e le vicissitudini della vita.
Un caterpillar, un rullo compressore che schiacciava e spazzava via tutto il mio passato.
Mi ritrovai bambino, timido, impacciato, senza difese.
Quell'attimo interminabile in cui si tolse il casco e ondeggiò la testa per sistemare i lunghi, meravigliosi, tanti capelli si fissò per sempre nella mia mente.
Un marchio indelebile.
Rapido ed invisibile, uno strale di Cupido, un colpo di fucile, una bomba in un laghetto....pensatela come vi pare,
in quel preciso istante, il mio cuore cominciò a battere ad un ritmo diverso: ero PERDUTAMENTE INNAMORATO!!!



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venerdì 2 luglio 2010

Mukashi mukashi ....

Non ricordo a che età sia nato in me l'interesse per il Giappone.
Cresciuto a "Pane e cartoni animati", negli anni 7o/80 era il boom di "Anime" (per me comunque restano "cartoni animati") di robot: da Goldrake, Mazinga, Gig robot d'acciaio (mi faceva impazzire) fino al più recente Gundam.
Ma anche Hurricane Polimar (era il mio cartone preferito, "sapevo" la sigla a memoria, quella originale, non erano ancora i tempi delle varie Cristine D'Avena e io cantavo quello che capivo, o mi sembrava di capire...una sorta di celentanesca "Prisencolinensinainciusol", all right?!?).
E poi Heidi (avevo anche l'album delle figurine, mai completato), ma non immaginavo neanche lontanamente che fosse scaturita dalla mano di quel genio dell'animazione che è Hayao Miyazaki,
per l'appunto, giapponese!
Passano gli anni, l'adolescenza, le scuole superiori (sono Perito Agrario) e mi avvicino al mondo dei Bonsai.
Ne "colleziono" qualche decina, perfettamente disposti in terrazza, per la gioia di mia madre che non ha più posto dove stendere il bucato.
Compro riviste, mi unisco ad un'associazione, faccio qualche corso...mi piace davvero come hobby!
Ma è nel 1993, a Londra, durante un corso intensivo (si fà per dire) di inglese sponsorizzato dall'Azienda per cui lavoravo, che ho il primo vero contatto con i "Nihonjin".
I Giapponesi...alieni....li avevo visti in televisione, a volte se ne incontravano gruppi in giro per Bologna, tutti rigorosamente in fila che seguivano uno (o una) con una bandiera in mano, tutti con la macchina fotografica e tutti con lo stesso cappellino stile pescatore in testa.
Tutti uguali, o almeno così apparivano ai miei occhi inesperti.
Invece, in quella classe, a Londra, nel '93, ho capito che sono come noi.
Be', non proprio COME noi, però simili: non sono tutti uguali, non si muovono in branchi (all'uscita del metrò sì, però non c'è quella con la bandiera davanti), non indossano tutti lo stesso cappellino da pescatore, però hanno la macchina fotografica.
In quella classe, a Londra, nel '93, oltre ad un nutrito gruppo di spagnoli/e, una turca (che non era per niente un cesso), un cipriota, un tedesco e uno svizzero, c' erano anche 5 (dico ben cinque) giapponesi.
Dopo la giornata di lezione, il gruppo usciva insieme.
E insieme camminava per le "streets" della "City".
Tedesco e svizzero due metri avanti, con passo marziale, spagnoli, italiano (io), turca e cipriota per ultimi e giapponesi in mezzo, che trotterellavano un po' avanti e un po' indietro per uniformare il gruppo e dare "un colpo al cerchio e uno alla botte".
"Forteeee!" pensavo.
"Mediterranean people always walks slowly" diceva incessantemente il cipriota (forse è l'unica cosa di inglese che ha imparato in 15 gg. di corso).
E il gruppo si fermava in un pub, e beveva.
I giapponesi bevevano di brutto!
"Fortiiiii!" pensavo.
E il cipriota si ubriacava come una bestia.
Anche gli spagnoli ci davano dentro con l'alcol, però "tenevano botta" bene, si vede che ce l'hanno nel DNA.
Gli spagnoli erano molto socevoli e all'uscita del pub non erano saturi, così ci invitavano nella loro camera d'albergo per continuare il "festino".
Un po' premeditato, secondo me, perchè c'era già una "vasca" di sangria pronta per essere bevuta.
Il cipriota crollava squassando letteralmente la camera (era 1 metro e 90 per un quintale e mezzo abbondante) e cominciava a russare come un cinghiale.
I giapponesi ridevano come matti e le ragazze (erano 3 dei 5) si mettevano la mano davanti alla bocca con un fare elegante.
"Fortissimeeee!" pensavo.
Alla fine stendevamo i materassi a terra e dormivamo tutti nella camera degli spagnoli,
ma forse gli unici che dormivano bene erano i giapponesi, perchè erano abituati a dormire in terra....ah, anche il cipriota dormiva alla grande e anzi, era più scomodo il suo "russìo" che il dormire in terra (in futuro mi sarei abituato ad entrambe le cose, ma ancora non lo sapevo).

E il gruppo andava anche a mangiare sushi al ristorante giapponese carissimo!
I giapponesi ordinavano per tutti (anche perchè il menù era esclusivamente in kanji), e le ragazze si premuravano che il nostro bicchiere non fosse mai vuoto, ci porgevano le ciotoline, ci seguivano passo passo.
"Forterrimeeee!" pensavo.
"You must marry a Japanese woman" diceva il mio amico Eijiro.

L'ho sentito qualche anno fa: ha indovinato sei numeri alla lotteria negli Stati Uniti e fà la vita del "nababbo"!!!

Alla fine dei 15 giorni di corso intensivo (si fà per dire) parlavo molto meglio lo spagnolo che l'inglese, avevo mal di schiena a forza di dormire in terra, un principio di cirrosi, ma un interesse smodato per i giapponesi (a dire il vero più per LE giapponesi).

Pochi mesi dopo: OCCASIONISSIMA!

L' Associazione "bonsaistica" organizza un tour in Giappone (a un prezzo non proprio modico, ma pur sempre un' opportunità che non capita spesso).

Impegni di lavoro mi impediscono di partecipare......"You must marry a Japanese woman, you must marry a Japanese woman".....

Il tempo passa, i bonsai si seccano, cambio lavoro e la voce di Eijiro nella mia testa smette di riecheggiare.

13 anni dopo, una vita in mezzo, quel mancato viaggio mi torna in mente, ma l' eco non c'è più!

"Nessuna woman" penso, "Nemmeno Japanese!!!"



Però.......